Appena ieri...
Erano molti anni che non salivo in Val
Montozzo, trent'anni, forse qualcuno in più o forse qualcuno in
meno. Delle escursioni di allora in val Montozzo e nei suoi dintorni ho in mente solo alcune sfocate immagini destinate a poco a poco a
sfumare come molte altre nel groviglio dei molti sempre più confusi
ricordi... Mi sforzo di “metterele a fuoco”...
Mi trovo sul crinale che divide la piccola e selvaggia Val Comiciolo dalla più ampia Val Montozzo, crinale che, ben fortificato, era occupato durante la grande guerra dagli austroungarici. Sono giunto quassù con il fratello e un amico dopo un lungo percorso che dal Fontanino di Pejo mi ha condotto al Lago del Palù, in Val Pudria e quindi in Val Comiciolo ed il nostro cammino non si conclude certamente qui. Infatti, in compagnia, “rotolo” a valle, come una estiva valanga, lungo il verde ripido pendio tra gialle macchie di arnica e di anemoni ancora in fiore. Ricordo il balzo oltre i residui di reticolato a difesa dell'avamposto ed i piccoli cumuli di bombe inesplose (accatastati e pronti per essere asportati chissà da chi). Ricordo infine il guado dell'impetuoso torrente della Val Montozzo a piedi scalzi per raggiungere il sentiero sulla sponda opposta...
Sono immagine che mi ritornano alla mente, sono dei flashbacks difficilmente collocabili con precisione nel tempo ma sono anche brevi spezzoni in technicolor che “girano” sfumando rapidamente nelle foschie della mia ormai quasi senile memoria.
Reminiscenze di escursioni che mi portarono per esempio, in una imprecisabile occasione, a scoprire i tre stupendi laghetti in fondo alla valle, all'altezza della Forcella di Montozzo, ma più su, ai piedi del Torrione d'Albiolo. Li individuai in un nebbioso inizio d'estate che rendeva magico ma anche alquanto inquietante il paesaggio di quel luogo ancora parzialmente innevato, luogo fino ad allora sconosciuto... O come la faticosa e pericolosa arrampicata lungo la ripida crestina rocciosa che separa la Val Comiciolo dalla Val Montozzo salendo verso la Bocchetta di Strino e la cima del Redival, quando mi apparve per un solo istante un cucciolo di stambecco, mai visto prima... solo il tempo di “salvarlo”, di fissarlo nella memoria, da dove ora riemerge distintamente...
Sono questi, come dicevo, i singoli fotogrammi o i brevi spezzoni ancora a fuoco del lungo filmato delle mie escursioni, filmato che tende ormai a scolorire e lentamente a svanire nella nebbia degli anni.
Per ravvivare i miei sempre più spenti
ricordi ho deciso di ritornare lassù. Ho deciso di calpestare ancora
una volta, dopo tanto tempo e con tutti i limiti della mia non più
verde età, i luoghi teatro di molte delle mie imprese giovanili. Ho
deciso di rincontrare quei luoghi che tanto in passato ho frequentato
ed amato.
Salgo quindi, con l'amico di sempre,
scegliendo il sentiero più comodo (come dicevo sono passati i tempi
delle corse avventurose per vie sconosciute) ma inevitabilmente più
lungo che si stacca dalla stradina che costeggia la sponda destra del
Lago di Pian Palù poco prima di raggiungere l'omonima malga e le
acque del Noce che si riversano nel lago.
Il sentiero è veramente agevole, poco
ripido tranne in alcuni suoi tratti finali. E' un sentiero che non
annoia, non è monotono perché pur nell'ininterrotto succedersi dei
tornanti il panorama sul bosco sottostante, sul lago e sulle cime
dell'Ortles-Cevedale è sempre vario e stupendo, muta continuamente.
Certo, qualcosa manca sempre...
Superato il limite della vegetazione arborea pensavo di trovarmi
immerso nel rosso vivo dei rododendri in fiore che coprono per intero
l'ultimo vasto pendio ma la stagione è ormai troppo avanzata e i
cespugli sono ormai sfioriti.
Più avanti però, in una piccola zona
più ombrosa e fresca, trovo la vegetazione ancora in piena
fioritura; sono ranuncoli, genziane, margherite, arnica... e gli
ultimi rododendri, ancora in fiore. Vivaci rododendri che fanno
capolino dalle pareti di una singolare formazione rocciosa, una
lunghissima scura scalinata naturale, punteggiata di rosso, modellata
dai ghiacciai di ere molto lontane. Poco più avanti inizia ad aprirsi la
Val Montozzo. Finalmente. Siamo stanchi, assetati ed il sole che
picchia forte non aiuta. Procediamo lentamente, a fatica e
inevitabilmente pensiamo a quanto sono lontani i tempi che... … …
Qua e là si nota qualche resto presumibilmente di opere militari
della prima guerra mondiale, piccoli ricoveri, muri, piazzole o
chissà che altro ma soprattutto quello che mi colpisce il pendio
dei miei ricordi, il ripidissimo pendio verde che sale alla
cresta fortificata sullo spartiacque con la Val Comiciolo, Lassù,
invisibili dal nostro fondovalle, si allineano delle caverne scavate
nella roccia dagli austriaci per colpire d'infilata il fronte
italiano, la sua linea di fuoco trincerata dirimpetto sulla Forcelladi Montozzo.
E nel mezzo la terra di nessuno,
che finalmente raggiungiamo, l'ampia, lunga, quasi pianeggiante
verdissima valle solcata dal biancastro, a tratti serpeggiante
torrente. La terra di nessuno ai cui margini, sulle cui creste, erano
ben appostati gli schieramenti avversari. Sulla destra orografica gli
austroungarici, annidati sui crinali della Val Comiciolo, della Val
di Strino fino al tanto conteso Torrione d'Albiolo. Sulla sinistra le
postazioni italiane, alla Forcella di Montozzo, veso la Punta di
Ercavallo e a seguire lungo i crinali della Montagna di Ercavallo a
picco sulla Valletta che porta al Passo della Sforzellina di fronte
al San Matteo ( 3678 m) cima questa teatro delle ultime, sanguinose e
ormai inutili battaglie della grande guerra. Questa è la terra di nessuno...
terra di nessuno che tale sembra anche oggi, esclusa com'è, direi
sorprendentemente, dai confini del Parco Nazionale dello Stelvio che
la lambiscono appena comprendendo invece, nella sua zona lombarda, la
Conca di Montozzo con il Rifugio Bozzi appena a valle della Forcella
di Montozzo. La terra di nessuno...
dove, almeno per il momento, non vediamo nemmeno quei bovini che un
tempo pascolavano numerosi sui suoi estesi e verdissimi prati.
Avanziamo imperterriti lungo la valle,
calpestando questa terra che sembra solo nostra. Procediamo lenti ma
sicuri lungo quel largo e comodo sentiero che in tempi lontani fa
una importante via di comunicazione tra la Val di Pejo e la Val
Camonica, che più tardi fu percorso con muli e asini carichi di
carbonella dai carbonai camuni che in Val di Pejo accendevano il loro
poiàt e che nelle notti buie e fredde fu percorsa dai
contrabbandieri che attraversavano il confine gabbando guardie e i
finanzieri...
E ora? Ora chi percorre ancora questa
valle? Sono ben pochi gli escursionisti che salgono da Pejo per
raggiungere la Val Montozzo, la Forcella , il sottostante Rifugio
Bozzi per poi risalire eventualmente al Passo dei Contrabbandieri e
discendere al Passo del Tonale. Sono invece piuttosto numerosi
bikers in folle discesa per lo sconnesso sentiero. Provengono dalla
Conca di Montozzo, dopo aver risalito la Val di Viso laterale della
Val Camonica. Un modo quello dei bikers incomprensibile di godere
della montagna e dei suoi panorami (almeno per noi vecchietti), un
modo assurdo e talvolta anche poco rispettoso nei confronti degli
escursionisti tradizionalmente appiedati come noi. Ma tant'è...
queste sono purtroppo le mode del momento... e l'economia del turismo
a tutti i costi le incentiva trasformando i sentieri più belli in
piste da luna park per acrobati dilettanti.
Guarda tutte le foto in “Google Foto”
1 commento:
Grazie stupenda foto. E grazie per la tua spiegazione grazie mille grande abbraccio a te caro amico
Posta un commento