Ogni anno (da tantissimi anni, non
ricordo nemmeno più quanti...) tra la metà di settembre e la metà
di ottobre mi godo lo spettacolo dei cervi in amore in diverse
località della Val di Pejo nel Parco Nazionale dello Stelvio. Un
tempo ormai lontano, nel Parco, questi maestosi selvatici erano molto
rari, osservarne qualcuno, durante le mie prime remote escursioni,
costituiva un evento da raccontare a tutti, non solo a famigliari ed
amici... Poi, in pochi anni, la popolazione di questo maestoso
ungulato è cresciuta enormemente creando non pochi problemi alla
rinnovazione del bosco, ai prati di fondovalle, alla diffusione degli
altri ungulati (soprattutto del capriolo che in certe zone non si
vedeva proprio più). La grande nevicata di dieci anni fa,
dell'inverno 2008-2009, ha ridotto di molto la consistenza numerica
della popolazione del cervo: pur in assenza di predatori la natura ha
trovato il modo di riequilibrare la situazione evitando quel cruento
intervento umano che ormai appariva ineludibile. Ora il numero di
questi stupendi animali è più contenuto anche se in costante
aumento (così almeno mi sembra) e questo nonostante le notevoli
“perdite” dovute alle avversità climatiche soprattutto dell'inverno scorso.
Le mie “uscite” di quest'autunno, alla ricerca dei cervi in amore, sono state ben poche e questo perché se le condizioni meteo sono state complessivamente favorevoli, altrettanto non lo sono state le mie condizioni di salute, le mie e anche quelle dell'amico che spesso mi accompagna. Gli anni passano, gli acciacchi aumentano e inevitabilmente si è costretti a limitare la quantità e la qualità delle escursioni, almeno quelle di un certo impegno, volenti o nolenti. Comunque anche quest'anno, con impegno e fatica, ho raggiunto un paio di volte la fascia al limite della vegetazione arborea a monte della stradina che da Malga Giumela porta ai Paludei in Val del Monte, sopra il lago di Pian Palù e le fotografie qui postate sono per l'appunto state scattate su quelle alte praterie verso al fine del mese di settembre.
Non c'è luna ed è ancora buio quando, lasciata l'auto al Fontanino di Pejo, imbocco la strada bianca che sale ripida al lago artificiale. Verso levante inizia appena ad albeggiare e nel lieve chiarore del cielo sereno si delinea il profilo dei monti che sovrastano il Passo Cercen. Raggiunto i lago si fa più chiaro e, mentre proseguo sulla stradina per Malga Giumela, le scure vette rocciose del Corno dei Tre Signori e dell'Ercavallo lentamente si ravvivano rischiarate dai primi raggi del sole. Quei monti fatti di frastagliate creste e di aguzzi picchi si illuminano colorandosi di fuoco quando, lasciata alle spalle ormai da tempo la malga, raggiungo i sentierini, sconosciuti ai più, che dalle stradina dei Paludei salgono verso le alte praterie che si estendono al di sopra della vegetazione arborea.
Si è fatto giorno ma lunghe ombre scure si allungano ancora sul ripido sentiero e sui cespugli di rododendro che a tratti lo invadono e lo imprigionano rendendolo irriconoscibile. Improvvisi e violenti bagliori filtrano tra il fogliame ancora verdi degli ultimi nodosi larici d'altura illuminando il percorso ma contribuendo pure a confondere ulteriormente la già labili tracce. Nel silenzio del bosco, rotto solo dagli inopportuni scricchiolii dei rametti pigiati dal mio stanco avanzare, inizia a diffondersi qualche stentato bramito. E' il “canto” d'amore dei cervi che, ora ne sono certo, stazionano poco più in alto, oltre gli ultimi alberi... E' un mugghio debole, poco convinto, quello che mi giunge, un bramire strano, inusuale, che sicuramente mi emoziona ma che pure mi sconcerta. Mi affretto e, raggiunti gli ultimi larici, esploro l'ampio, ripido vallone che mi sovrasta. Non serve il binocolo per individuare i cervi che numerosi lo stanno lentamente attraversando. Quella che osservo è però una scena inconsueta.
Durante il periodo degli amori, solitamente si incontrano gruppi di femmine, di cerve, in grande numero, ognuno sorvegliato da un solo possente maschio: sono gli harem dei cervi dominanti attorno a cui gironzolano uno o più maschietti vogliosi nell'attesa speranzosa di qualche momentanea distrazione del boss. Quello che oggi mi si presenta potrebbe sembrare, a prima vista, nientemeno che un harem al contrario, i maschi sono infatti più numerosi delle femmine. Ma a ben guardare quei maschi non sono sicuramente de maschi dominanti, “competitivi”, vagano insieme, rassegnati, sconfitti, probabilmente allontanati da coloro che, molto più prestanti, già da qualche giorno sono riusciti a radunare un bel branco di cerve impossessandosene definitivamente. I cervi che osservo, con le tre o quattro cerve, che li accompagnano, femmine raccolte chissà dove, pascolano e attraversano indolenti l'erta prateria lanciando di tanto in tanto un smorto, pietoso bramito. Poi lentamente, uno dopo l'altro, sconfinano nel lariceto e scompaiono alla mia vista. Sono deluso. Non era certamente questo lo spettacolo che mi attendevo... che speravo di vedere.
Ora il brullo vallone è sgombro e silenzioso. Abbandono il grosso tronco di larice che mi nasconde e avanzo allo scoperto cercando un riparo più confortevole. Mi distendo nell'erba soffice in una depressione del terreno... un comodo strapuntino dove attendere comodamente la comparsa di qualche altro ungulato. Aspetto, aspetto e aspetto ma inutilmente, la prateria che mi sovrasta rimane vuota, del tutto priva di vita. Solo in alto, dove il verde bruciato del pascolo si immerge nel blu cobalto del cielo, svolazza insistentemente uno stormo di gracchi, neri puntini volteggianti alla ricerca di chissà quale preda. Poi, quando ormai rassegnato sto per lasciare il mio rifugio, dal lariceto alla mia sinistra spunta un branco di cerve. Forse spaventate da chissà chi, si precipitano nel vallone, tagliandolo a mezza costa e, correndo rapide, si dirigono verso il bosco sulla sponda opposta. Un harem... Le femmine sono scortate da un possente maschio. E' un maschio dominante, relativamente giovane ma decisamente imponente che le segue a breve distanza. A completare questo classico insieme un secondo maschio meno vigoroso le precede discostandosi decisamente dal gruppo. Lo osservo mentre si allontana, risale il pendio, si immobilizza e osserva le cerve che sfilano più in basso. Sembra studiare la situazione pronto ad approfittare della stanchezza o di di un attimo di disattenzione del “titolare” dell'harem. Il gruppo attraversa rapido il pendio erboso, non rallenta, non si ferma... pochi istanti ed è già scomparso tra la folta vegetazione alla destra del vallone. Non mi resta che ricomporre lo zaino e prendere la strada del ritorno... con negli occhi la brevissima ma stupenda sequenza della corsa dei cervi, la vista del poderoso maschio e delle sue femmine... sui versanti delle Mandriole nel bel Parco.
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