Di ritorno da una lunga escursione alle malghe Pollinar e Stablaz, mi ritrovo a Rabbi Terme, piuttosto distante dal paese di San Bernardo dove ho parcheggiato l'auto. Che fare? Fa caldo e sono affaticato ma con un ultimo sussulto di vitalità decido di scendere a valle a piedi, evitando la strada principale ma seguendo vie poco battute, le vie sconosciute che costeggiano il Rabbies. La stanchezza è tanta ma rinuncio alla comodità del servizio di trasporto pubblico e, seguendo le rinfrancanti indicazioni di una persona del luogo, mi avvio lungo le sponde del torrente, imboccando una bella strada asfaltata. La bella strada asfaltata, però, si fa ben presto stradina bianca, poi stradina verde, stretto sentiero e da ultimo viottolo di campagna.
Scelta sofferta, la mia, che mi ha comunque consentito di chiudere con soddisfazione il mio lungo percorso ad anello sul versante destro della valle. Di completarlo con l'ausilio delle sole mie (ultime) energie ammirando e apprezzando, da ampie e inusuali angolature, gli aspri paesaggi della valle e compiacendomi, nel contempo, dei ristretti scorci offerti dallo scorrere delle acque tra le lussureggianti ripe del torrente.
Inizialmente ho incontrato l'antica segheria dei Braghje (già più volte visitata), una delle poche segherie idrauliche ancora presenti sui territorio della Val di Sole e delle sue vallette laterali. La destinazione di questa segheria come di tutte le altre (alcune restaurate e riattivate, altre totalmente ricostruite) non è certamente quella produttiva... le ultime segherie veneziane, le ultime mosse dalla sola forza dell'acqua, stanno lì a ricordare epoche ormai lontane. Sono la memoria di abilità costruttive e operative che si perdono nel tempo. Sono dei musei monotematici, musei importanti, destinati a contribuire alla qualificazione e valorizzazione del patrimonio etnografico della valle.
Lasciata la segheria alle mie spalle così come, subito dopo, il centro termale di Rabbi Fonti proseguo la discesa seguendo l'argine destro del torrente attratto dalla vista del libero e movimentato defluire delle acque, tra argini rocciosi e verdeggianti. Sono attratto soprattutto dalla vista del versante sinistro della valle, al di là del Rabbies, versante solatio, ricco di pendici a prato costellate da masi sparsi e piccoli antichi agglomerati di rustiche abitazioni. Architetture tipiche della zona, direi esclusive della zona, in parte rimesse a nuovo, ristrutturate o ricostruite con cura dai valligiani o dai turisti più affezionati, salvate dal degrado e dalla definitiva scomparsa.
Un paesaggio montano molto particolare e suggestivo, valorizzato più dagli scorci circoscritti e dagli angoli caratteristici che da quella visione d’insieme ampia e imponente, che caratterizza la parallela Val di Pejo. Un ambiente antico, curato e ben conservato, dove le tradizionali attività agrosilvopastorali ben si integrano con una economia turistica sostenibile. Una territorio finora non omologato a quello sfruttamento turistico intensivo che caratterizza altre numerose zone della Val di Sole dove la natura della montagna è stata snaturata, degradata perfino entro i confini del Parco Nazionale dello Stelvio, sacrificata sull'altare del profitto immediato, di uno sviluppo turistico considerevole ma probabilmente fragile, legato alle mode del momento e dipendente dalle bizze del cambiamento climatico
Al contrario, in questa valle, è stata l'accurata conservazione del suo rustico aspetto coniugata con la valorizzazione delle tradizionali attività agricole, forestali e artigianali che ha incentivato il turismo. Ha movimentato un'attrazione turistica non invadente e ambientalmente sostenibile... Almeno finora... Finora perché anche quassù le sirene dell'interesse, per non dire della speculazione, si potrebbero far sentire, potrebbero essere già in agguato, pronte a modulare il loro apparentemente incantevole ma in realtà distruttivo richiamo...
Non
serve molto tempo per trasformare un territorio intatto in un luna
park di grande ma banale attrattiva, degradandolo per sempre. E, a
volte, basta ben poco per iniziare l'opera di conversione... al
limite potrebbe anche bastare solo un semplice ponte
tibetano...
Un primo attrattivo assaggio, uno specchietto per le allodole per il
turismo massificato dei grandi numeri. Quel ponte tibetano, di
recente realizzazione (si dice anche con in contributo del Parco
dello Stelvio), che incombe invadente sul Rio Ragaiolo, costoso e
inutile belvedere sulle sue cascate, potrebbe costituire (volendo
proprio essere negativi e... pensare male a tutti i costi) una testa
di "ponte", una apparentemente innocua avanguardia di una
possibile schiera di altri interventi “di grande richiamo” volti
a snaturare la Val di Rabbi, sostituendo il suo turismo di qualità
con un generico turismo di massa.
Ma non voglio credere che sia così... non voglio credere che una percorso come quello che qui descrivo non sia più possibile... che una tranquilla passeggiata come questa, sulle sponde di un limpido torrente, non valga più la pena di essere portata a termine. Non voglio pensare che questo bel panorama fatto di monti dagli aspri profili, di ripidi versanti boscosi, di verdi pendii fittamente punteggiati da masi e agglomerati di rustiche case, venga a poco a poco snaturato innestandovi elementi avulsi dal contesto, quei manufatti impattanti fatti di infinite strade, piste, funi, tralicci, pseudorifugi, cemento in quantità, ecc. ecc. che già hanno invaso e continuano a invadere molte zone della Val di Sole.
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