In Val di Rabbi sulla “Via delle malghe”


A Malga Polinar e a Malga Stableti tra foreste di conifere e pascoli verdissimi.


Bella anche se non entusiasmante scarpinata di metà luglio tra i boschi e gli alpeggi del versante destro della Val di Rabbi alla scoperta delle antiche attività agro-silvo-pastorali di alta montagna ben integrate, quassù, con l'accoglienza dei turisti e degli escursionisti.

L'angusta Valle di Rabbi è ancora immersa nell'umida ombra del primo mattino quando la percorro in auto raggiungendo il suo centro principale, il paese di San Bernardo. Qui la valle si allarga, e il panorama si dischiude, si apre sui versanti coltivati , sui prati punteggiati da minuscole frazioni e da masi sparsi... Più in alto la vista si eleva sulle selve ancora tenebrose sovrastate dal cime e da creste appena sfiorate dal sole.
Di fronte al paese si adagia un ampio conoide di deiezione costellato di rustici fabbricati nel verde ombroso dell'erba bagnata. Al suo apice precipita un lungo, sottile, filo biancastro. Sembra investire le alte conifere del bosco che, lassù, è subentrato al prato. E' una spettacolare cascata, la cascata di Valorz, orlata da rocce tenebrose e sovrastata dal vallone che porta al Passo Valletta. Là, in alto, si distendono i bei laghi di Soprasasso, Lago Alto e Rotondo che raggiunsi in tempi molto lontani e il cui ricordo, con il trascorrere degli anni, si fa ormai sempre più flebile.



Questo ciò che mi appare scendendo dall'auto, un paesaggio magico nella tenue luce dell'alba, un paesaggio che incanta, un paesaggio perfetto, tanto perfetto da sembrare irreale... un paesaggio che, se fossimo in inverno, si potrebbe definire da presepe natalizio..
Ma è ora di procedere. Mi avvio, discendo, raggiungo e attraverso il torrente Rabbies poi, seguendo la segnaletica, inizio la salita. Imbocco il sentiero per il Soprasasso che “taglia”, ripidissimo, per i prati del conoide fino ad immettersi, raggiunto il bosco, nella strada forestale che porta alla cascata. Seguo questa via per alcune centinaia di metri e, raggiunto un parcheggio, imbocco la stradina che conduce a Malga Polinar. Bella, comoda e larga stradina... all'inizio. Ben presto la bella stradina si restringe e sale sempre più erta in un susseguirsi continuo di tornanti che tagliano un versante sempre più ripido. E quella che era una bella stradina si inerpica sempre più, si restringe sempre più, diventa un sentiero e quindi un sentierino, strettissimo e che non termina più... Mai mi sarei aspettato un simile tracciato. Arranco a fatica e il peso degli anni non agevola... si fa decisamente sentire. Poi finalmente il sentierino spiana, il bosco si apre e appare il pascolo di Malga Polinar.



In verità non è un bel pascolo. E' completamente invaso da alti e spinosi cardi infestanti. In compenso si schiude un ampio panorama che merita senza alcun dubbio una lunga sosta per ammirarlo ma anche per riuscire a determinare correttamente ciò che permette di scorgere. Sul versante opposto della valle si vedono molte malghe poste al centro di pascoli ritagliati all'interno delle foreste di conifere, ma pure qualcuna sulle alte praterie, poste oltre il limite della vegetazione arborea. Con l'aiuto della mia “Kompass” localizzo le malghe Terzolasa e Samocleva, e poi le due malghe Caldesa, bassa e alta, le Garbella, le Zoccolo e le Mandrie di Sopra e di Sotto... Quanto mi piacerebbe poterle raggiungere, trovare ancora il tempo e la forza indispensabili per percorrere interamente, la “Via della Malghe” della val di Rabbi, passando appunto, di malga in malga... Infine scorgo, minuscolo, il Rifugio al Lago Corvo, lassù in alto al Passo di Rabbi e non posso non sognare di raggiungerlo. Non posso non tentare di concretizzare il mio sogno programmando una futura escursione al bel lago alpino, un ritorno al rifugio... dopo quasi cinquant'anni dalla mia prima e unica ascesa, quando lassù pernottai con l'amico, oggi scomparso, e assieme a lui il giorno dopo raggiunsi il Rifugio Dorigoni e quindi Rabbi Fonti sotto una pioggia intensa e incessante. Fu una avventura impossibile da dimenticare.
Ma eccomi alla Malga Polinar. Bella malga, seminuova, ricostruita recentemente, voglio sperare nel rispetto dell'originario disegno (che non ho conosciuto) e delle antiche particolarità architettoniche tra le quali è senz'altro stata preservata la copertura del tetto in “scandole”.




Silenzio assoluto. E' ancora molto presto. Non si vede nessuno, non si vedono i gestori della malga (vista l'ora sono sicuramente al lavoro all'interno degli edifici) e pure nei paraggi non si vede anima viva. Nessuna presenza, nessun escursionista. Tutto tace. Solo di tanto in tanto sembra di udire un lontano scampanellio di animali al pascolo. Sembra provenire dai pascoli alti, a monte della malga, lassù verso le cime. Su di un cartello si legge che qui si possono acquistare i prodotti della caseificazione quindi le mucche ci devono pur essere, da qualche parte... Ma i cortili della malga sono molto puliti... fin troppo puliti, come se le mucche non esistessero, non “abitassero” più qui..
Riprendo il cammino questa volta su delle belle strade forestali che, a parte un brevissimo tratto di ripido sentiero, mi conducono fino alla Malga Stableti. Un tragitto comodo, quindi, in leggera discesa, ma molto lungo, interamente compresso nel bosco fitto e conseguentemente ben poco panoramico. Così mi devo accontentare, si fa per dire, dei bei fiori che crescono sui bordi della strada e della vista che talvolta, grazie a qualche canalone privo di piante, si apre verso il basso, sul fondovalle e sulle sue iniziali pendici punteggiate da masi sparsi e minuscoli aggregati di rustici edifici.



Ma eccomi a Malga Stableti, un edificio molto diverso dal precedente, più vecchio, direi antico nella sua struttura complessiva ma, purtroppo, con la copertura del tetto rifatta in lamiera e non in scandole come avrebbe richiesto il rispetto del paesaggio e della tradizionale architettura locale.
Dense volute di fumo escono dai camini della casera e dell'edificio principale di questa malga che si presenta al visitatore come un agriturismo, così almeno sta scritto da qualche parte. Anche qui la pulizia non manca ma non manca pure un certo disordine all'esterno dello stallone...
Questa malga si trova sul basso versante destro della Val Ceren, una valle stupenda che parzialmente rientra (con il suo versante sinistro) nel Parco dello Stelvio. E' una valle ricca di boschi ma soprattutto di alpeggi con delle numerose malghe che, in gran parte, sono state ricostruite o ristrutturate adeguandole ad ospitare visitatori ed escursionisti. Ma non mi dilungo oltre, della “Via delle malghe” in Val Cercen ho già scritto in un mio post di due anni fa.




Poco a valle della Malga Stableti, lungo il torrente Ragaiolo, si distende l'ampia area attrezzata per picnic del “Fontanon”. Qui non mancano i tavoli, le panche, le fontanelle, i focolari in pietra per barbecue e qui mi ristoro sostando lungamente. Poi, rifocillato, scendo a valle percorrendo la bella strada bianca che conduce a Rabbi Fonti. Ma, poco prima di arrivare al piccolo centro termale, lascio momentaneamente la comoda strada e scendendo per un ripido sentiero, raggiungo il tanto pubblicizzato ponte tibetano che scavalca la forra del Rio Ragaiolo dirimpetto ad una altissima cascata: un nastro bianco e sottile che precipita appena a monte della “favolosa”, metallica costruzione. E' una tecnologica realizzazione che, a parer mio, svilisce la suggestione di un paesaggio selvaggio inserendosi brutalmente in un sito naturalisticamente prezioso tanto da essere racchiuso all'interno del Parco Nazionale dello Stelvio. Ma si sa... per attrarre il turista, sempre molto curioso (ma forse, talvolta, anche poco consapevole) si fa questo e altro... Ciò che mi meraviglia è che, secondo quanto a suo tempo “raccontavano” i media, alla realizzazione dell'attrattivo, adrenalinico espediente ha contribuito economicamente anche l'Ente Parco... che, sempre a parer mio, dovrebbe occuparsi di ben altro... ma di questo ho già scritto alungo in un altro mio post e non voglio ripetermi.
Raggiunto il fondovalle, poco a monte delle teme di Rabbi, devo proseguire fino al paese di San Bernardo dove ho parcheggiato l'auto. Sono due o tre chilometri, forse di più, che potrei percorrere comodamente seduto su di un pullman ma preferisco fare un'ultima camminata. Le gambe reggono ancora e quindi imbocco la strada che costeggia il torrente Rabbies tenendosi sulla sua sponda destra... più avanti questa strada si farà stradina e a tratti pure uno stretto sentiero sull'orlo del torrente... ma di questa bella sgambata finale dirò in un prossima puntata... in un altro post.



Tutte le foto dell'escursione in “Google Foto



Nessun commento: