E verde la “mia” Valbiolo
(affettuosamente “mia” e di tutti coloro che amano la montagna
come Dio l'ha creata) lo è ancora ma non del tutto, non più...
Troppe sono le ferita che le sono state inferte, le profonde
lacerazioni che ancora le vengono, senza interruzione, rifilate.
Sono lontani i tempi in cui, partendo
dal Passo del Tonale, la si risaliva lentamente, a piedi,
percorrendola in tutta la sua estensione fino a raggiungere dopo una
lunga scarpinata il Passo dei Contrabbadieri... si camminava in
silenzio, solo un asciutto cenno di saluto agli escursionisti
incontrati strada facendo... si procedeva in compagnia sostando di
tanto in tanto per ammirare il panorama delle cime del Gruppo
Presanella che sia apriva, sempre più ampio, alle nostre spalle. Si
arrancava tra i rododendri in fiore, accompagnati dai fischi delle
marmotte, superando le mandrie di vacche al pascolo. Accadeva che
l'aquila in perlustrazione ci sorvolasse. Provenieva dalla Cima Cadì,
ed era diretta verso il Redival. Un bel vedere.
Tutto bello, tutto verde... ma forse,
siamo sinceri, i ricordi sono resi così belli, così verdi, dalla
nostalgia di quel lontano periodo, dalla nostalgia della giovinezza
ormai sfumata da tempo...
Resta il fatto che nel frattempo la
“mia” Valbiolo è comunque molto, ma veramente molto cambiata e
non è certamente più quella di una volta. E' mutata radicalmente,
in peggio, anche se molti lo negheranno sostenendo che il
cambiamento, le innovazioni che oggi la caratterizzano sono
necessarie e positive, sono il risultato del “Progresso”.
Sosteranno chi i cambiamenti sono in linea con lo “sviluppo
sostenibile” di una stazione turistica moderna e ben radicata sul
territorio.
Io mi chiedo: progresso o regresso?
Progresso sì, senza dubbio, ma solo se lo sviluppo è davvero
sostenibile, se è contenuto in ambiti accettabili, realmente
compatibili con le caratteristiche dell'ambiente... se il territorio
montano viene utilizzato con attenzione, responsabilità e misura, se
viene piegato alle esigenze dell'uomo con la necessaria lungimiranza
pensando non solo agli interessi dell'oggi ma anche a quelli del
domani... Altrimenti in un prossimo futuro ci troveremo davanti ad un
sicuro regresso, ad un ambiente devastato, povero e improduttivo.
Ho la netta sensazione che quassù, in
Valalbiolo si sia andati oltre la soglia della sostenibilità
ambientale, per non dire del buon senso...
Comunque, nonostante tutto, le
marmotte si incontrano ancora in Valbiolo e sono pure numerose anche
se io le ho osservate solo sui versanti più ripidi e non sul
fondovalle ormai del tutto sconquassato da seggiovie, da piste da
discesa per sci e bike, da strade, dai muraglioni per il contenimento
delle valanghe, dai lavori sempre in corso...
Le marmotte le ho viste ma però non le
ho udite. Sembra che le marmotte non fischiano più... Sono talmente
assuefatte alla presenza umana, alla presenza di veicoli di vario
genere, automobili, fuoristrada, camion e camioncini, ruspe e
macchine operatrici di ogni tipo che, pur rimanendo vigili, non si
spaventano più di tanto. Forse solo l'aquila o la volpe, ammesso che
ancora frequentino questa zona così antropizzata, potrebbero
indurle a lanciare il loro sibilo d'allarme.
Anche i rossi rododendri e con loro
i molti bellissimi altri fiori alpini crescono ancora in Valbiolo ma
spuntano solo dove l'uomo non è intervenuto con scavi e
movimentazioni di terra modificando indelebilmente la morfologia
originaria del terreno. Quassù si è ampiamente eliminata
l'originaria preziosa cotica erbosa, si sono inerbite artificialmente
le larghe e lisce piste da sci con miscugli di essenze vegetali,
compatibili con l'ambiente montano ma sicuramente poco ricche di
diversità biologica. Si son create difformità cromatiche tra il
verde alpino originario e quello artificialmente realizzato alterando
per chissà quanti decenni il bel paesaggio della valle.
Papa Francesco si è ispirato al
“Cantico delle creature” di Francesco d'Assisi nel redigere la
sua enciclica “Laudato si'” di ispirazione ambientalista .
Alcuni versi del Cantico (questi: <<Laudato si', mi'
Signore, per sor'Aqua, la quale è molto utile ed humile et pretiosa
et casta>>) li ho trovati impressi sulla prima delle
tabelle collocate lungo percorso di visita del biotopo protetto della torbiera del Tonale che giace sul fondovalle esattamente sotto la
Valbiolo. Sono versi che ben si adattano ad accogliere il visitatore
in una delle poche aree umide alpine ancora esistenti nella nostra
provincia.
Questi versi io li ho fotografati e li
ho incollati a mo' di ironica e provocatoria didascalia su una delle
immagini che riprendono i lavori di realizzazione del bacino di
deposito delle acque per l'innevamento artificiale delle piste del
Passo. Opera questa che gli impiantisti più che “utile”
ritengono indispensabile... opera che come al solito è ben
“appoggiata” e probabilmente anche ben “foraggiata” dalle
istituzioni pubbliche e dalle sue emanazioni finanziarie. La foto,
insieme a tutte le altre si commenta da sé, parla da sola ma
naturalmente parla solo per chi la sa udire e la vuole ascoltare.
Ma ecco... nell'immagine sottostante
ecco il costoso sconquasso provocato dall'opera di scavo del grande
bacino di deposito per l'innevamento programmato (si parla di una
capienza di 120000 mc). La nuova impresa è commentata dalla frase
riportata sulla fotografia. Una frase che come la precedente proviene
da una delle tabelle del biotopo protetto. Un aforismo che,
nell'evocare un profondo e alquanto recondito significato, si
richiama al naturale scorrere delle acque, di tutte le acque che
liberamente scendono a valle, non solo quelle del Rio Valbiolo nei
pressi della la citata tabella.
A parer mio sono parole
particolarmente adatte a sottolineare, con amarezza, l'artificioso
ciclo delle acque utilizzate per l'innevamento programmato. Le acque,
in parte prelevate dal Rio Valbiolo (da notare che, come già
accennato, quel rio confluisce nel biotopo protetto...) e in parte
pompate a risalire dal Torrente Vermigliana, riempiranno il lago
artificiale in costruzione per essere poi all'uopo inviate ai
“cannoni” che le “spareranno” sotto forma di neve sui campi
da sci. Solo con il tepore primaverile le acque potranno ridiscendere
a valle. Un ciclo innaturale ma che tuttavia non è l'unico nel suo
genere. Un ciclo artificioso che, con modalità diverse, è, ad
esempio, da tempo utilmente impiegato per la produzione di energia
elettrica pulita. Ma c'è una differenza: sui campi da sci non si
produce energia rinnovabile, l'energia la si
consuma, copiosamente, contribuendo, seppure in misura minimale ma
che comunque non è mai trascurabile, all'effetto serra e quindi al
cambiamento climatico fonte di tanti guai per il turismo invernale.
Guai destinati a peggiorare sempre più e sempre più rapidamente.
Guai non affrontabili ancora a lungo con i palliativi che si sono
messi in atto e che si stanno potenziando... Prevedibilmente tra non
molto l'attuale strategia adottata per neutralizzare le conseguenze
della carenza di neve sarà definitivamente messa in crisi dalle
temperature sempre più elevate che tra alcuni anni renderanno
inutilizzabili i cannoni “sparaneve”. E con il senno di poi si
sentirà dire: “che enorme spreco di risorse economiche e
ambientali....”
<< Monti lontani
riverberano negli occhi delle libellule>>. Poetici versi,
perfetti per il biotopo umido del Tonale dove sono stati posti e dove
le libellule sono di casa ma che ben si adattano anche all'ambiente
alpino della nostra Valbiolo anche se di libellule lassù non se ne
vedono e mai e mai se ne sono viste... Le creste lontane della
Valbiolo, quelle che si stagliano lassù, verso il passo dei
Contrabbendieri, verso la Cima e il
Torrione d'Albiolo, ma anche quelle che attorniano la Presanella,
”riverberano” comunque... si specchiano o almeno tentano di farlo
ma non negli occhi delle libellule, né delle farfalle, né delle
marmottine. Si specchiano nella lucidissima vernice metallizzata
delle bike che discendono la valle e cercano pure di farlo nelle
nuovissime, brillanti e riflettenti piste che da qualche anno si
snodano nei pascoli. Un labirinto, un intreccio di ferite inferte al
verde e prezioso manto vegetale per l'intera estensione della
Valbiolo. Una vista sgradevole, fuori luogo, sullo sfondo dei monti
che furono teatro di cruenti scontri durante la grande guerra. Ma si
sa, si deve pur lavorare e quindi il turismo locale è sempre pronto
ad intercettare le mode del momento, a promuoverle ed incentivarle
costi quel che costi in termini ambientali. Purtroppo questo non è
il turismo lungimirante che mi piacerebbe vedere... non è un turismo
in grado di “ripensare la montagna”, di valorizzarla
rispettandola, di porsi obiettivi a lungo termine uscendo dagli
schemi consolidati, schemi prevedibilmente destinati a soccombere con
il cambiamento climatico. E' un turismo troppo legato alle mode, alla
stagionalità, un turismo senza “visione”che investe molto ma che
vive alla giornata, pensando solo all'oggi, alle entrate immediate e
sicure...
Eccola la Valbiolo: un luna park d'alta montagna. Eccola all'inizio dell'estate, tutta sfregiata, ben scolpita dall'intreccio serpentinoso delle piste da percorrere in bike... ma attenzione, solo in discesa, acrobaticamente, saltando di gobba in gobba, di trampolino in trampolino e di ponte in ponte secondo i dettami della una nuova moda... evidentemente al momento molto redditizia... ma solo per qualcuno.
Davanti a questo
sconsolante spettacolo all'escursionista non resta che sostare
(sperando di non essere investito da qualche spericolato
discesista)... non resta che fermarsi per riflettere, rifugiarsi nel
ricordo, richiamare alla memoria la Valbiolo integra del tempo che fu
quando veniva risalita solo dagli amanti della montagna, a piedi,
lentamente mentre gli amanti della bicicletta si limitavano a
percorrere le ciclabili o tutt'al più le bianche stradine forestali,
evitando gli stretti e pietrosi sentieri dei monti e i biki park che
nessuno era ancora riuscito a concepire.
L'ontano verde sul basso versante della Valbiolo scuote le sue fronde al vento, sussurra la sua nenia. Sussurra, nel silenzio della montagna... Bella immagine, bella vista.... peccato sia guastata, quasi oltraggiata dallo sfregio della pista per biker: una ripida stradina che taglia il pendio e conclude la sua discesa con un trampolino in legno all'uopo predisposto per l'immancabile salto finale dell'eroico sportivo. E naturalmente accanto alla pista non manca la dovuta segnaletica onde evitare incidenti sia agli spericolati ciclisti sia agli sprovveduti escursionisti che, fuori dal tempo e dalle mode, ancora amano camminare... Miserelli, potrebbero venire investiti ed è meglio cautelarsi... non si sa mai...
Ed eccola nuovamente la segnaletica. Qui i segnali sono spuntati e cresciuti quasi all'improvviso nel verde della scarpata, poi sono sbocciati ed ora giganteggiano come girasoli sostituendosi ai piccoli fiori di montagna. Ma tanto... chi li guarda più i bei fiori di montagna? A chi possono interessare? A ben pochi... e che quei pochi vadano ad ammirarli nel biotopo protetto all'uopo predisposto. A noi interessano solo le esibizioni sulle nostre fantastiche bike... e una bella segnaletica è proprio ciò che ci vuole.
<<L'agricoltura di montagna
è un patto di reciproco rispetto tra uomo e natura.>>
Questo sta scritto sulla tavola posta nell'ultimo punto di
osservazione del percorso guidato nella Torbiera del Tonale. Sta ad
indicare che anche in un'area protetta l'erba può essere falciata.
Evidentemente, con le dovute precauzioni, l'uomo può utilizzare una
seppur limitata zona di quel biotopo. La Valbiolo non è un sito
protetto come lo è la Torbiera che si trova alla sua base. E' una
vasta ed erta prateria di montagna che l'uomo ha da tempi
immemorabili sfruttato monticandovi le mandrie di bovini, in perfetto
secolare equilibrio con la natura del posto. Un tempo quassù c'era
una grande malga. Una malga funzionante. Ora non c'è più... o
meglio ancora c'è... ma non è più lei. Ora non accoglie più le
mucche da latte per la notte, per la mungitura della sera e del
mattino ma al loro posto ospita frotte di turisti assetati e
affamati, sia in inverno che in estate... Ora la vecchia malga si
presenta in un altra veste, trasfigurata in ristorante, tramutata in
bar, ambedue all'esclusivo servizio del turismo stagionale. Giusto.
Quassù, a queste quote, con la rivoluzione del turismo, non è certo
il caso di parlare ancora di agricoltura, di allevamento e nemmeno di
agriturismo, di malghe aperte che accolgono gli escursionisti amanti
della montagna, della montagna al naturale... che ospitano i
visitatori attenti alla cultura del luogo, alle tradizioni, alla
gastronomia tipica.... Queste banalità lasciamole ad altri,
lasciamole ad altre località meno fortunate, lasciamole alla Val di
Rabbi, ad esempio. Queste non sono cose serie, non sono attività
che si confanno alla nostra moderna e ricca imprenditorialità... .
<<L'essenza delle cose ama celarsi.>>. Chissà quali meraviglie nasconde madre natura nei dintorni di quella che fu malga Valbiolo. Chissà... Forse cercando a lungo qualche meraviglia si può ancora scoprire anche quassù, in questo ambiente... contaminato: forse un fiore di montagna, una stupenda farfalla, un insetto raro, un rettile, un minuscolo innocuo residuato bellico, un cristallo... Lo spettacolo che si presenta all'escursionista arrivato finalmente a queste alte quote, dopo una lunga scarpinata a piedi, non stimola di certo la voglia di impegnarsi in sfibranti ricerche. Ci si trova infatti di fronte ad un ambiente squallido, caoticamente antropizzato, totalmente compromesso dal punto di vista paesaggistico. Solo piloni, tralicci, carrucole e funi...e poi forme e colori nettamente contrastanti con il contesto ambientale e una malga-ristorante grossolanamente ristrutturata e l'incredibile verde delle piste da sci artificialmente inerbite.... Confidavo nel tanto reclamizzato “Parco delle marmotte” che avevo inteso come un vero parco naturale, un punto di osservazione dei simpatici sciuridi ma, ahimè, mi sono trovato davanti ad un banale parco giochi, un luna park per bambini cresciuti, oltre tutto ben poco esteticamente integrato nel già caotico complesso.. Ma tant'è...
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