Il Passo del Tonale e la sua torbiera


Un'isola di natura protetta in un contesto fin troppo antropizzato


Tutti conoscono le drammatiche vicende della prima guerra mondiale che cento anni fa ebbe tra le sue cruente arene anche il Passo del Tonale e i monti che lo attorniano. Così come moltissimi sono al corrente che per secoli e secoli i viandanti che attraversavano il Passo potevano trovare accoglienza e rifugio per la notte in un antico ospizio che ancora esiste ma ben camuffato in un elegante hotel alla moda. E sicuramente molti hanno anche sentito raccontare dei sabba, degli incontri tra streghe e stregoni che al buio, sui prati del Tonale, si davano a sfrenate orge con il diavolo, scatenando sulla valle temporali e tempeste. Nessuno sarebbe mai transitato sul Passo nel tardo pomeriggio e men che meno di notte. Sono leggende di matrice ancestrale e folclorica... ma resta il fatto che tra il 1400 e il 1600, molte donne, accusate di stregoneria, subirono processi e torture che spesso si conclusero con il supplizio purificante del rogo.




Ma veniamo ai giorni nostri... Oggi il Passo del Tonale è il regno dello sci ai piedi, è una delle stazioni turistiche invernali più note e frequentate dell'arco alpino... è una conosciutissima ma antropizzatissima e ambientalmente oltremodo deturpata località per vacanze e di fine settimana all'insegna del luna park dello sci. E così anche nella nostra modernissima epoca il bel Passo del Tonale continua ad avere, come in passato, le sue tribolazioni... pur possedendo, inaspettatamente, anche un'isola di benessere e di tranquillità complessivamente intatta, un prezioso gioiello...



Chi di voi sa che al Tonale oltre agli alberghi, ai negozi ai ristoranti e bar, alle torri, alle piste da sci, agli infiniti impianti di risalita, al caos di un turismo troppo invadente... si trova anche un silenzioso e prezioso biotopo protetto? Non ditemi che non lo sapevate... E' una piccola porzione dell'ambiente fisico del Passo, un luogo di particolare interesse naturalistico dove prospera una biocenosi, una comunità di organismi vegetali ed animali che fanno parte di un ecosistema di notevole pregio, un ecosistema che, in altri ormai lontani e più fortunati tempi, si è deciso di salvaguardare dall'invadenza dell'uomo.


E' una torbiera che si estende su due aree, una a monte (in parte occupata da altiporto e altre struttura e quindi distrutta) e una a valle dell'ultimo tratto di strada statale che sale al passo. Fa parte delle Oasi naturali protette istituite in Trentino con L.P. n. 14 del 23-06-1986 e della Rete Natura 2000, nome con cui l'Unione Europea designa un sistema di aree destinato alla tutela di habitat e di specie animali e vegetali ritenute meritevoli di protezione. La località è ricca di micro-situazioni ambientali. Vi si trovano zone molto asciutte, laghetti in miniatura (crateri creati probabilmente dall'esplosione di bombe durante la prima guerra), acque correnti più o meno veloci e acque tranquille...


Alla diversità di situazioni ambientali corrisponde una grande varietà di associazioni e di specie vegetali molto diffuse nelle regioni artiche ma rare sulle Alpi. Sono dei “relitti glaciali”, piante che colonizzarono il territorio migrando a sud durante le glaciazioni e che successivamente si estinsero, con l'aumentare della temperatura, tranne che in piccole aree dal clima rigido come quella in questione. L'origine della torbiera va ricercata nella grande quantità di acqua di risorgiva che ha occupato la zona permettendo lo sviluppo della vegetazione palustre che nel tempo ha formato il deposito di torba sul quale si estende il biotopo.




E' insomma un'area di grande valore ambientale che ho visitato, nella sua parte bassa, in una serena mattinata di ottobre inoltrato. Non era certamente quello il periodo più adatto per inoltrarsi lungo il sentierino che permette di ispezionare il biotopo. Sentierino che ho imboccato in prossimità del depuratore e che sale in leggera pendenza fino alle “maestose” torri bianche che da più di quarantanni (se ben ricordo) “ingentiliscono” il Passo.

L'autunno non è la stagione migliore per osservare gli animali e i vegetali che popolano la zona. Impossibile incontrare la biscia del collare ormai in ibernazione o le libellule, il rospo, la Rana temporaria, il tritone alpestre e il ditisco nei laghetti congelati... e nemmeno le specie di piante rare che vegetano nel biotopo, come le carnivore Drosera rutundifolia e Piguicola alpina o la grande varietà di stupende orchidee... Ma avrò altre occasioni durante la prossima bella stagione... Nella radente luce di ottobre mi sono dovuto accontentare, si fa per dire, del coinvolgente aspetto autunnale del biotopo, aspetto che richiamava alla memoria la tundra artica che avevo visto in qualche documentario televisivo.


Verso la fine del percorso ho raggiunto un fabbricato simil-rustico adibito a punto informativo che vista al stagione era chiuso e non ho quindi potuto visitare. In quest'ultima zona il percorso era costellato da piccole tabelle ben conficcate nel terreno (metalliche, bianche, alquanto squallide) che riportavano edificanti aforismi e poetici versi di vari autori richiamando alla contemplazione e alla salvaguardia della natura. Tra questi anche il Cantico delle creature di San Franceso al quale il Papa si è ispirato per intitolare la sua enciclica ambientalista “Laudato sii”, testo che tutti, credenti e non, farebbero bene a leggere e meditare...






Le belle scritte che via via leggevo mi apparivano sempre più provocatorie ma insieme anche contraddittorie considerando il degrado ambientale che imperava, nei pressi del biotopo... “Qui “chi di dovere” applica due pesi e due misure”... mi venne da pensare...




Non potendo osservare le piccole cose, la flora e la fauna che caratterizzavano il luogo, alzavo continuamente lo sguardo verso il Passo e mi deprimevo sempre più. Sul confine occidentale svettavano i grattacieli che davano un buon apporto all'accozzaglia architettonica e urbanistica del Passo. Più a monte tralicci e funi in grande quantità invadevano i versanti delle cime Bleis e Cadì e non mancavano certamente sui pendii della Valbiolo fin quasi al passo dei Contrabbandieri.





Grandi toppe di pascolo artificialmente seminato costellavano la montagna. Erano le piste, che ben ripulite, spianate, lisciate e rinverdite, apparivano in netto contrasto cromatico con la rimanente, originaria cotica erbosa. Poi, qua e là apparivano isole e strisce di terra nuda, frutto degli scavi effettuati per la posa delle tubazioni degli impianti di innevamento “programmato” e chissà che altro...

Riflettevo mettendomi nei panni di un fantomatico escursionista in difficoltà: “Povero, escursionista... ignaro della normativa che regola la protezione della flora in Trentino, hai ingenuamente raccolto un “mazzolin di fiori” nei prati del Tonale e ora potresti incorrere in severe sanzioni. Hai sbagliato, per te non ci sono giustificazioni... e non permetterti di contestare la giusta punizione a chi di dovere. Non mostrargli, a tua difesa, lo sfacelo ambientale, la distruzione della vegetazione originaria che vi circondano... Quegli scavi, quei rattoppi, quella distruzione... è stata portata a termine legalmente con l'avvallo degli organi istituzionali, dopo severa valutazione del suo impatto ambientale... e solo per superiore e generale interesse”




Incongruenze di una politica di protezione ambientale che appare contraddittoria ma che, in realtà, durante gli ultimi anni, è stata sostanzialmente annullata... tanto da sembrare “pilotata” da chi ha interessi ben diversi... E purtroppo le conseguenze dell'attuale deleteria gestione del territorio turistico non si limitano al degrado ambientale, a mio parere le conseguenze, già pesanti, potrebbero ampliarsi ulteriormente con possibili implicazioni economiche e sociali.



L'aumento costante e irreversibile delle temperature dovrebbe convincere, chi ci governa, a ripensare la montagna come sede di un turismo stagionale nuovo, maggiormente diversificato e quindi più resistente alle modificazioni indotte dal cambiamento climatico. Se è comprensibile, ma certamente non giustificabile, che impiantisti e affini guardino solo all'immediato come fonte di rapido guadagno... questo non è accettabile per chi dovrebbe guidare la società, scegliere in quale direzione farla viaggiare per il benessere di tutti, un benessere che duri nel tempo.


Chi è interessato solo all'incasso immediato affronta le conseguenze del cambiamento climatico di giorno in giorno disinteressandosi del futuro. Fabbrica la neve che viene a mancare e se l'acqua necessaria scarseggia costruisce bacini di accumulo (ne verrà realizzato uno molto capiente anche in Valbiolo) o la pompa dai torrenti, svuotandoli ... e se le giornate fredde diventano più rare amplia i bacini in modo da sfruttare al meglio le “finestre di freddo” che si fanno di anno in anno sempre più strette. Se poi il sole estivo, sempre più intenso, scioglie il bel ghiacciaio (che si può utilizzare, sciandovi sopra, anche in primavera)... beh, niente paura, usa dei bei teli bianchi per schermarlo.





Questa l'adattamento degli impiantisti al mutare del clima, le comprensibili soluzioni (evidentemente solo temporanee) escogitate da chi pensa solo al profitto guardando all'oggi o tutt'al più al giorno dopo senza preoccuparsi più di tanto né dei danni ambientali che provoca né del futuro che attende tutti e quindi pure loro.


Ciò che stupisce veramente è il constatare la scarsa lungimiranza di chi ci governa che asseconda, per non dire promuove, in tutti i modi, con provvedimenti ad hoc e sovvenzioni delle sue agenzie (agenzie di cosiddetto “sviluppo sostenibile”), le modalità di crescita del turismo invernale perpetrate dagli imprenditori della neve. A mio parere manca la percezione della gravità del problema (o non lo si vuole vedere? O magari si è condizionati dagli interessi in gioco? Non voglio nemmeno pensarlo... men che meno supporlo...) che sola potrà portare, magari gradualmente, a cambiare rotta iniziando a percorrere nuove strade per la nascita di un turismo più responsabile, più compatibile con l'ambiente di montagna e con il clima che cambia.



Perseverando a lungo con le ottuse pratiche odierne, insistendo con questa insensata e dispendiosa gestione del turismo invernale, finiremo solo, tra uno o tutt'al più due o tre decenni, per creare disoccupazione. Potremmo ritrovarci con molti disoccupati, creati dalla improvvida gestione di un comparto turistico invernale impotente davanti al riscaldamento globale, ridotti a fare i ricuperanti, nel caldo torrido, per liberare la montagna da una ferraglia ormai inutile sparsa ovunque sui monti del Tonale, quasi come alla fine della prima guerra mondiale.


Pensiamoci e pensiamo anche che non si collabora di certo a contenere l'aumento della temperatura continuando con l'attuale politica dello spreco, non si collabora consumando energia per l'innevamento artificiale a tutti i costi o limitandosi a mascherare i ghiacciai con delle pezze bianche e e nel contempo costruendo dispendiosi simil-rifugi di lusso oltre i 3000 m. Nemmeno la politica urbanistica che ancora insiste a destinare altro suolo a nuove strade e a nuove strutture ricettive (come accade al Passo al confine del biotopo protetto) appare molto saggia e utile... esistono sicuramente vie più responsabili e produttive per investire e per mantenere l'occupazione e il benessere nella nostra terra... basta crederci e lavorarci.



Ma ho poche speranze... a volte penso che solo il ritorno delle streghe e dei diavoli del tempo che fu a difesa del Tonale potrebbe impedire altri passi falsi.



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