Silenzio e paesaggio in chiaroscuro
lungo le sponde congelate del torrente Vermigliana
Fa freddo ma non è il freddo pungente
che sarebbe normale attendersi alla fine di dicembre. Il mio lento
procedere lungo la strada della Poia a monte di Fucine (verso il Fil
o Spiaz dei Spini) è accompagnato dallo scricchiolio dei grumi di
ghiaccio frantumati, ad ogni passo, dalla dura suola degli scarponi.
La stradina è stata sommariamente
sgomberata dalla neve caduta qualche settimana fa ma una pioggia
inaspettata e copiosa ha successivamente trasformato il bianco piano
stradale in una traslucida poltiglia che si è ben presto
solidificata in una crosta ghiacciata rendendo precario, quasi
avventuroso, il calpestarla.
Si dice che siano gli effetti del
riscaldamento globale con degli estremi climatici che tendono ad
alternarsi con una rapidità finora sconosciuta. Caldo e
freddo, neve e pioggia, sereno e nuvoloso, limpido e nebbioso... in
una successione temporale davvero inconsueta.
Procedo con prudenza nella delicata,
mite luce diffusa da un cielo lattiginoso, un cielo senza confini,
che sembra toccare il candore del suolo: è bianco su bianco.
Il magro torrente, dalle acque scure e
impenetrabili alla vista, scorre zigzagando tranquillo tra i massi innevati. Poi
scompare rapido nella morsa del gelo e ricompare poco più a
valle dove le acque possono procedere più lente e silenziose...
Solo di tanto in tanto le acque cantano, sottovoce, precipitando dalla soglia delle briglie che serrano
l'alveo. Poi, dopo il salto imprevisto, si riposano sul fondo del
baratro distendendosi in slarghi profondi e bui scosse solo
dall'improvviso zigzagare di un pesce a caccia di una illusoria preda
congelata.
Poi il torrente riprende svogliatamente
il suo cammino, scende pacatamente a valle nel bianco che lo
circonda.
Lungo gli argini il salice
viminale apre le sue braccia scheletriche. Quelli che furono
flessibili rami verdi, elastici polloni, ora sono contorte, scure
estremità... gementi, piegate al suolo dal peso della neve o orlate
di bianchi cristalli e rigidamente allungate nel vuoto, quasi a
implorare il ritorno della bella stagione.
Natura congelata, terra ben
protetta... dopo alcuni anni riecco finalmente la neve scesa copiosa
anche alle quote medio basse.... Una neve che il freddo pungente, il
caldo improvviso, la pioggia inattesa, la nebbia... trasformano
continuamente, una metamorfosi infinita fino alla dissoluzione primaverile.
Oggi la neve è ammantata da uno fitto strato
di cristalli ghiacciati. Non sono gli stupendi grandi e stellati
cristalli che spesso adornano la sua superficie. No... sono anonimi
cristalli allungati, minuscoli insiemi di barrette ghiacciate
caoticamente disposte a formare uno pungente rilevo che, con le sue
mille sfaccettature, riflette la smorta luce di dicembre.
E tra i cristalli acuminati, lungo il
torrente, staziona il merlo acquaiolo. Si muove a piccoli passi, del
tutto indifferente alle aguzze sporgenze. Si sposta rapido lungo il
torrente, dove le acque si allargano placidamente in ampi e limpidi
slarghi. Corre sulla neve e sulle vetrose lastre ghiacciate e
gironzola sui massi che si ergono candidi dal greto.
Poi si tuffa nelle gelide acque dove
scompare a lungo per riapparire poco più lontano, all'improvviso,
con una piccola preda nel becco. Instancabile cacciatore il piccolo
scuro Cinclidae si tuffa e si rituffa, ritorna riva, sceglie una
nuova ansa, si tuffa nuovamente, si dilegua nuotando e camminando
contro corrente sul fondo del torrente, cattura una larva di
tricottero racchiusa nel suo guscio di sabbia o, più raramente, un
piccolo avannotto, riemerge... pronto ad inabissarsi nuovamente...
Ma ecco che per un attimo si distrae e scorta
la presenza estranea, la mia presenza, prende il volo. Con uno
slancio fulmineo, radendo la glaciale superficie delle acque, si
porta in pochi istanti più a monte alla ricerca di un
nuovo indisturbato territorio di caccia.
L'aria che si respira profuma di freddo, di neve e di ghiaccio. Il merlo acquaiolo è ormai scomparso, ha risalito il torrente che si perde lontano, sconfina nel bosco. E' ora di rientrare. Ripercorro la stradina ghiacciata, a ritroso, con grande cautela.
L'aria che si respira profuma di freddo, di neve e di ghiaccio. Il merlo acquaiolo è ormai scomparso, ha risalito il torrente che si perde lontano, sconfina nel bosco. E' ora di rientrare. Ripercorro la stradina ghiacciata, a ritroso, con grande cautela.
Il cielo è ancora nebbioso, opaco.
La luce è spenta, la vista è in bianco e nero... Dal compatto
tappeto candido si innalzano cupe colonne, sono i massicci tronchi
degli abeti e dei larici del bosco che a tratti delimita il torrente.
Qua e là, nell'immenso biancore, si ergono anche le sottili, brune
verghe ramificate dei cespugli dormienti e sulle erte pareti rocciose
orlate di neve pendono piccole stalattiti di ghiaccio. Sto
attraversando un ambiente certamente suggestivo, un paesaggio in
chiaroscuro malinconicamente coinvolgente ma non posso trattenermi
oltre... e riprendo il cammino.
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