...alla
scoperta di alcuni siti che da decenni sono silenziosi; esplorazione di piccoli borghi perduti, abbandonati da chi li
abitava stabilmente o da chi vi faticava per lunga parte dell'anno
pur non risedendovi permanentemente...
Una
malga, dei masi con stalla e fienile e infine alcune vecchie
abitazioni rurali, isolate o variamente raggruppate: questi i
fabbricati che si trovano nelle località di Farini, Mezol, Moresana,
Daial.
Edifici più o meno antichi, disabitati o comunque in disuso (alcuni, pochi, convertiti in casa per le vacanze) che si rincontrano lungo la stretta e ripidissima stradina che dai boschi di Menas cala fino al villaggio di Roncio, poco sopra Mezzana.
Edifici più o meno antichi, disabitati o comunque in disuso (alcuni, pochi, convertiti in casa per le vacanze) che si rincontrano lungo la stretta e ripidissima stradina che dai boschi di Menas cala fino al villaggio di Roncio, poco sopra Mezzana.
Partendo da Pellizzano raggiungo il minuscolo paesino di Menas (1520
m slm) sul pulmino di linea che tre, quattro volte al dì collega i
due abitati facendo precedentemente tappa nei paesi di Termenago,
Castello ed Ortisè. Sono solo a bordo e, scambiate due parole con
l'autista, mi godo silenziosamente il panorama che si fa sempre più
ampio a mano a mano che si sale. Vista dal fondovalle la giornata
sembrava ben promettere, il tempo sembrava bello e stabile ma quando,
arrivato nei pressi di Menas, scendo dal piccolo autobus noto che,
dietro di me, verso il Passo del Tonale, si stanno addensano dei
minacciosi nuvoloni temporaleschi. Presagio inquietante... meglio
affrettarsi. Attraverso
rapidamente il paesello, percorro la sua unica via, calcando la
strada asfaltata che separa i suoi pochi edifici, le abitazioni e i
rustici masi che lo compongono. Superato il minuscolo villaggio,
ancora abitato durante tutto l'anno da qualche coraggioso montanaro,
la strada prosegue attraversando la campagna. Si fa bianca e sempre
più stretta, taglia i prati e infine si inoltra nel bosco di
conifere che riveste un versante sempre più scosceso. Devo solo
seguirla... velocemente.
E' questa la parte iniziale del giro ad anello che ho programmato.
E' una comoda scarpinata nel bosco sulla strada che proviene
direttamente dal paese, strada interdetta al traffico veicolare,
strada forestale, quasi piana ma lunga. Un tracciato che, superati
due ampi valloni, si biforca permettendo di salire alla Malga del
Monte Bassa o di discendere verso Mezzana. Un tracciato che percorro
alla svelta perché il tempo si sta inesorabilmente guastando. Nubi
sempre più scure si stanno addensando non solo sopra il Tonale e
sulle cime del Redival e del Boai ma anche sul monti dell'altro
versante della valle, Giner, Baselga, Artik... e pure sopra di me...
Il
bosco si apre. Il pendio si fa più dolce. Le conifere lasciano il
posto al pascolo. In questa zona, che la mia “Kompass” indica
come Masi di Sopra (ma che, per quanto ne so, comunemente viene
chiamata zona Farini, dal cognome di chi la occupava o la possedeva e
forse ancora la possiede), c'è una grande malga. Una bella malga di
relativamente recente costruzione ma che, all'apparenza, non sembra
venga molto utilizzata e sicuramente, almeno per il momento,
monticata.
Devo accelerare. Non posso soffermarmi più di tanto, ad esplorare i
dintorni, a scoprire, ad indagare... Le nubi temporalesche che si
addensano e si scuriscono sempre più in cima alla valle si stanno,
seppur lentamente, avvicinando. Hanno già coperto buona parte del
cielo. Comunque, sopra di me, brilla ancora il sole... ma fino a
quando?
Discendo
rapidamente seguendo l'erta stradina che ben presto lascia i prati e
si inoltra nuovamente nel fitto del bosco. Però, prima di immergermi
nell'oscurità della selva, il mio sguardo è inesorabilmente
attratto da ciò che, in lontananza, mi sta di fronte: la distesa
continua di conifere che riveste i pendii meridionale della valle, i
pendii meno soleggiati, i pendii più umidi e ombrosi. Solo
l'indecoroso sfregio ambientale e paesaggistico (architettonico e
urbanistico) del villaggio in quota di Marilleva, sorto dal nulla
negli anni '70, per una malintesa fame di sviluppo “turistico”,
rompe con le sue chiare e surreali costruzioni la piatta uniformità
del pendio, la continuità della foresta che copre l'intero versante.
E più in alto, sotto e a lato del cosiddetto rifugio Orso Bruno, si
distinguono chiaramente gli ultimi sfregi alla montagna: le piste
ritagliate nel prezioso lariceto d'alta quota, ennesimo tributo che
la valle versa ad un'economia turistica ambientalmente poco
rispettosa, orientata com'è, in troppe località, solo al luna park
dello sci da discesa.
Sbucando
dal bosco mi ritrovo nuovamente sul bordo dei prati: dovrei essere
nella zona di Mezol o Mezzolo come italianamente traduce la mia
Kompass.
Un
grande maso domina il pendio. Guardando dalla stradina, accanto al
maso, si intravede un secondo edificio, una rustica costruzione che
sembra abitata: i gerani alle finestre e sul balcone, l'ombrellone e
le sdraio nel cortile stanno ad indicare che qualcuno ci deve essere,
almeno di tanto in tanto. Del resto questo deve essere un sito
stupendamente adatto per trascorrervi i giorni di vacanza, in pace e
solitudine, lontani dal caos cittadino come pure dalla confusione
ferragostana del fondovalle.
Proseguo
e subito mi appare Moresana, il minuscolo villaggio disabitato la cui
storia è stata raccontata in un documentario del regista Claudio
Redolfi (“L'erede di Moresana” presentato, a suo tempo, al Film
Festival della Montagna di Trento ?). Purtroppo non ho mai avuto la
possibilità di vedere quest'opera per cui di Moresana conosco ben
poco e quindi ben poco posso scrivere sulle vicende che portarono
all'abbandono dei casolari a cui mi sto avvicinando... Mi è comunque
stato raccontato, non ricordo da chi, che gli ultimi abitanti (si
trattava di due coniugi alquanto anziani) lasciarono il paese alla
fine degli anni '80 o all'inizio degli anni '90. Da allora il paese
Moresana che in passato fu pieno di vita, densamente popolato, pieno
di bimbi (al punto che vi lavorò pure una maestra, ancora così mi è
stato detto) è rimasto desolatamente vuoto, silenzioso, triste,
avviato ad un possibile totale degrado.
Moresan.
La zona è molto bella, il panorama è vasto e coinvolgente e c'è
tanto verde, c'è tanta erba sui pendii a monte dei vecchi casolari,
c'è tanto foraggio, una risorsa che fortunatamente non viene ancora
del tutto sprecata... i prati sono stati in buona parte falciati e
questa è veramente una sorpresa, un intervento inaspettato visto che
ormai l'economia della valle gira in tutt'altro modo, su
lunghezze d'onda ben diverse, gira sull'altro versante della
valle (come ho già detto), sul versante ombroso, dove i nuovi
insediamenti turistici, gli impianti a fune e le piste da sci
“ricamano” gli instabili pendii boscosi (spesso con assurde
bianche serpentine artificialmente innevate sul versante totalmente
privo di neve). E così ben venga che qualcuno, qualche allevatore,
sia ancora interessato all'utilizzo di questi terreni marginali,
sicuramente non particolarmente produttivi ma comunque, grazie ad una
pendenza non eccessivamente accentuata, lavorabili con l'ausilio dei
moderni macchinari agricoli. Ben venga che se ne impedisca il
definitivo degrado, quel degrado che ha colpito e che pure oggi
continua a colpire tante località montane della valle.
Un
tempo non lontanissimo i versanti soleggiati venivano sfruttati nella
loro totalità. Venivano utilizzate anche le zone più pendenti,
terrazzandole, scolpendole con dei muretti a secco che sostenevano
minuscoli campi a patate, segale, grano, orzo... Il bosco occupava
solamente le aree più ripide e rocciose, incoltivabili, e veniva
comunque usato riducendolo sostanzialmente ad un pascolo ben
alberato... La montagna, anche l'alta montagna, veniva spremuta
fino all'osso senza per questo mortificarla... e queste
abitazioni e questi masi dismessi, questo borgo perduto stanno
qui a ricordare l'opera di chi per secoli l'ha occupata, controllata
e armoniosamente utilizzata, custodendola e conservandola inalterata
nel tempo...
Oggi le coltivazioni si estendono solo su quella poche superfici che
risultano facilmente lavorabili, tutto il resto è stato abbandonato
e così il bosco ha avuto il sopravvento e ha riconquistato i terreni
che l'uomo con immense, secolari fatiche gli aveva strappato. I
fabbricati di Daial (credo si tratti proprio di Daiale, poco sotto
Moresana) con il suo gruppo di rustici e di abitazioni ma pure con i
due masi ristrutturati posti più in basso, lungo la stradina, ne
sono la prova oggettiva infatti li vedo totalmente annegati nella
vegetazione arborea e arbustiva.. Una macchia selvosa che, ad
eccezione di qualche vecchio albero, sembra di relativamente recente
insediamento, un bosco continuo che sta invadendo ogni più piccolo
appezzamento, ogni prato e ogni campo terrazzato recentemente
abbandonato, ogni terreno coltivato dismesso negli ultimi decenni.
Così in tutta la valle. Così pure anche nei dintorni più prossimi
del paese di Roncio che raggiungo poco dopo, e attraverso rapidamente
sempre in gara con la pioggia che si avvicina sempre più....
Roncio
(1050 m slm), bel paesino soleggiato ma spopolato, bel paesino dove
non incontro anima viva, dove in passato l'operosità dei numerosi
abitanti seguiva il ritmo delle stagioni, dove, come altrove, si
coltivava il lino, la canapa, la segale e l'orzo. Si coltivavano
ortaggi e patate, si allevavano mucche, pecore e capre... dove la
gente viveva sostanzialmente solo di agricoltura, di allevamento.
Un'economia povera, di sola sussistenza... che però operava
armoniosamente sull'intero territorio, utilizzando anche gli
appezzamenti più piccoli, erti e magri. Un'economia e un modo di
vivere lontanissimi da quelli di oggi.
Scendo su Mezzana. Qui la nuova economia ha inciso a fondo, ha arricchito il paese come non mai, ha
trasformato totalmente questo borgo, questo ripido paesone che discendo in
fretta tra i primi sporadici scrosci di pioggia. Non più agricoltura
di sussistenza, ma pochissime aziende zootecniche grandi e ben
organizzate. Ma soprattutto turismo e molte altre attività ad esso in buona parte collegate… e conseguentemente l'arrivo di nuovi abitanti dai paesi aggrappati alla montagna... da Roncio, da Moresana e da tanti altri siti, belli, solatii ma tanto distanti dai servizi e dal lavoro. Belli e solatii, dai panorami mozzafiato, che ormai piacciono solo a qualche illuminato turista, per trascorrevi qualche giorno o tutt'al più qualche settimana nelle case e nei masi da loro acquistati e ben ristrutturati.
Non
mi resta che raggiungere Pellizzano dove ho parcheggiato l'auto.
Faccio in tempo ad arrivarci prima che scoppi il temporale. Seguo la
pista ciclo-pedonale che trovo affollata, nonostante la pioggia
incipiente, da una miriade di forestieri a piedi e in bicicletta. Mi
affretto ma la vista dei perduti villaggi che dall'alto della
montagna sembrano assistere stupiti al movimentato ferragosto del
fondovalle mi fa riflettere ulteriormente sulla rapida metamorfosi economica che ha
investito l'intero comprensorio, sul cambiamento radicale che in
pochissimo tempo ha rotto un equilibrio secolare, ha rivoluzionato un
sistema di vita fermo, sostanzialmente immobile, da tempi
immemorabili. E con esso ha modificato radicalmente l'ambiente e il paesaggio della valle…
Che
pensare? Che dire? Nostalgia per un mondo che non esiste più? Direi
di no… Un mondo, quello dei tempi passati, sicuramente più
solidale (non fosse altro per necessità), più ricco di relazioni
umane, più a contatto con la natura, più rispettoso dell'ambiente,
ma dove si poteva sopravvivere solo a prezzo di durissime fatiche:
infatti solo così gran parte della popolazione riusciva ad evitare
la miseria e l’emigrazione… Fatica e povertà, dignitosa
povertà... Molti sono gli interrogativi sul mondo di ieri e su quello di oggi,
interrogativi sulla qualità della vita di ieri e di oggi, sullo
“stato” dell'ambiente montano, di ieri e di oggi, sulla
semplificazione del paesaggio, sulla scomparsa di ambienti antichi e
ben curati... Confronti e riflessioni dai molti risvolti... domande che
non possono avere risposte semplicistiche e univoche.
Tutte
le foto in “Google Foto”
In
giallo l'avvicinamento in autobus. In rosso la lunga scarpinata su di
un percorso sostanzialmente pianeggiante nel suoi tratti iniziale e
finale e in ripidissima discesa nel suo tratto intermedio, quello di
maggiore interesse, dove si incontra la Malga Farini e le località
Mezol. Moresana, Daial e infine il paese di Roncio.
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