I masi di Palù e il baito di Barco



Un piccolo pittoresco agglomerato di masi riadattati a rustiche dimore temporanee
e un vecchio diroccato riparo per pastori (il vecchio “Bait del Batisti”) recuperato, consolidato e rimesso a nuovo: queste le due mete della mia escursione ferragostana.



Trentatre anni. Da ben 33 anni che non raggiungevo la piccola erbosa spianata di Palù che si apre sul ripido, selvoso, versante destro dell'alta valle, nel territorio di Vermiglio. Trentatre anni durante i quali più volte vi sono passato vicino, ho sfiorato i suoi masi diretto al lago di Barco, senza mai trovare il tempo di raggiungerli, nonostante ne avessi un bel ricordo. Ed è stata proprio il “bel ricordo”, la reminiscenza di una lontanissima escursione (in compagnia dei fratelli e del figlio di soli sei anni) a tentarmi fino al punto di indurmi a salire, dopo tanto tempo, nella piccola valletta dei masi, facendomi rinunciare, per una volta, ad un traguardo senza dubbio più spettacolare e da me sempre ambito: il lago di Barco, posto più in alto, sul prolungamento della stessa via.



Raggiungo in auto Volpaia seguendo per un breve tratto, la provinciale che da Vermiglio sale a Velon. Non mi è possibile proseguire oltre. La strada forestale che da Volpaia sale verso la valle di Barco è chiusa al traffico veicolare ed è quindi inevitabile (e più che giusto) continuare a piedi.
La salita nel bosco è ripida e monotona, talmente monotona da renderla interminabile... talmente monotona da farla apparire più lunga di quanto realmente è. Percorso noioso, noioso perché compresso nel bosco, racchiuso tra alte e fitte conifere che non consentono alla vista di spaziare sui dintorni, su di un ambiente che non è comunque particolarmente accattivante come si può constatare quando, di tanto in tanto, la selva si fa meno fitta o, sul bordo della strada, si apre una piccola radura. Solo allora si riesce ad ammirare il panorama. Panorama comunque limitato, ristretto al versante opposto, all'altro versante dell'alta Val di Sole. Un panorama di pascoli e boschi feriti dalla tempesta Vaia, dominato dalla cima del Boai e contrassegnato dalle ampie valli di Saviana e Verniana.
Continuo ad arrancare ma senza entusiasmo, faticando sulla ripida salita... ma ecco che, superato in rio Palù, la strada spiana e ben presto si biforca permettendo di deviare verso gli agognati masi. Masi che, di lì a pochi minuti, riesco finalmente ad intravedere,...




Ed eccoli i masi di Palù: il nebuloso ricordo si concretizza, si fa realtà. Le confuse sembianze di questo alpestre minuscolo villaggio, mentalmente conservate per più di tre decenni, si fanno nette, precise... tangibili.
Avanzando sulla stradina che costeggia i vecchi edifici la memoria si ravviva. Rammento, sempre di più e sempre meglio... i ricordi si fanno più precisi: anche oggi come allora i masi non sono nè pochi nè molti, non sono grandi, non sono sparsi su un'ampia superficie ma sono raggruppati all'imbocco della valle al margine dei prati. Mi accorgo che i prati, come allora, vengono falciati, ma vedo anche che nei masi le stalle non accolgono più le mucche e le manze e vedo che i fienili sono vuoti, vuoti probabilmente da molti anni, vedo che non vengono più usati per depositarvi la profumata erba della montagna.
L'aspetto esterno degli edifici è rimasto quello di un tempo, è sempre lo stesso, è decisamente quello originario. Aspetto rustico, di autentici fabbricati rurali, di veri masi ma solo apparentemente "masi" perché l'utilizzo è radicalmente mutato. Ora, i masi di Palù, ristrutturati con cura, sono in buona parte destinati ad ospitare valligiani e turisti durante la bella stagione. Segno dei tempi, dei tempi che stiamo vivendo...
Proseguo. Dopo aver attraversato un bosco di abete rosso, la stradina sbocca ai piedi di una vasta distesa erbosa. E' la zona delle Mandre. Un tempo era probabilmente destinata al pascolo ma ora, fatta salva una piccola area attrezzata con tavoli, panche e fornelli, appare completamente abbandonata. L'erba, non più brucata dai bovini, cresce rigogliosa, è alta ed è inzuppata dalla pioggia della notte. Scintilla al sole sbucato dalle creste del versante sovrastante.



Confermati e ravvivati i miei ricordi faccio lentamente ritorno sulla strada forestale per Barco e riprendo a salire su questa via... che si fa sempre più erta in particolare quando si entra nella valle del lago. Salgo sotto il sole del mezzodì, e dove la strada termina, imbocco un sentierino che in due minuti mi porta al Bait del Batisti, un antico, diroccato riparo per pastori e boscaioli che è stato riattato e ribattezzato “Baito di Barco”. Un rifugio che scopro chiuso, ben serrato con un pesante lucchetto, un bivacco accessibile a pochi, forse ai soli cacciatori della zona. Impossibile entrarvi, anche in situazione di emergenza, al contrario di quando, ai tempi della mia giovinezza (disceso, a rotta di collo, dal soprastante Lago di Barco, in una notte rischiarata solo dai fulmini) mi diede, seppur precaria, protezione dalla bufera.



Quanto mi piacerebbe salire al Lago di Barco! Sarebbe sufficiente proseguire il cammino ancora per un'oretta... ma la stanchezza si fa sentire e inoltre è ormai troppo tardi per avventurarmi in imprese non previste. Meglio scendere a valle... Discendere evitando però di percorrendo a ritroso la monotona via della salita. Conviene cambiare percorso. Scelgo di dirigermi verso la Malga del Dos, sopra Ossana, attraversando i bei boschi di Barco e della Selva. Lo stretto sentiero (che ho imboccato dove termina la strada forestale di Barco) si converte ben presto in una comoda strada forestale che mi conduce nei pressi della Malga del Dos (che non raggiungo, nonostante ne sia tentato). Proseguo sulla mia strada che ora “precipita” verso il basso, giù, giù, fin sul fondovalle. L'abbandono solo nel suo tratto finale scegliendo una stretta scorciatoia che mi porta nei dintorni dei Laghetti di San Leonardo a Vermiglio. Da qui raggiungo la vicina Volpaia e la mia auto seguendo la strada del “giro dei masi” della zona di Stavel e Velon. Un ritorno paesaggisticamente non particolarmente attraente, come l'andata del resto, se non fosse per il multiforme e vivace aspetto dei boschi che si attraversano.



Tutte le foto dell'escursione in “Google Foto”.


P.S.    Quello che ho indicato come "Bait del Batisti" (ora Baito di Barco) mi è stato detto essere in realtà il Bait del Vedeler: me lo ha confermato anche la consultazione del "Dizionario toponomastico Trentino". I ruderi del "Bait del Batisti" si trovano nei dintorni ad una quota inferiore

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