Da sempre in primavera raccolgo le
selvatiche primizie che spuntano nei prati e nei boschi della valle
nell’attesa che nel mio orto crescano quelle coltivate, i radicchi,
le lattughe, la rucola, i ravanelli, gli spinaci e le biete... Tutte
le “erbe” spontanee che via via vado trovando si prestano a delle più o meno saporite preparazioni culinarie. Il tarassaco si impiega sia crudo,
variamente condito in insalata, sia bollito e ripassato in padella,
con le ortiche, la silene e gli spinaci di monte si preparano
strangolapreti, gnocchi e risotti, con i bruscandoli risotti e
frittate, il crescione va aggiunto in piccole quantità alle
insalate, il radicchio dell’orso va conservato sott’olio per
delle stuzzicanti merende invernali, con l’asperula si aromatizza
la grappa… e chi più ne ha più ne metta. Un insieme di vegetali
selvatici, quelli elencati e altri ancora, che raccolgo ogni
primavera perché, oltre a possedere delle salutari proprietà
nutrizionali e a soddisfare il piacere della gola la loro ricerca
nell’alta valle richiede salubri camminate all’aria aperta e
questa è, in ogni caso, una gran cosa.
Ultimamente, siamo ormai prossimi
alla metà maggio, due delle mie abituali “uscite” alla ricerca
delle “buone erbe, l’ho riservata agli asparagi di bosco e alle
spugnole. Posso dire, nel dialetto locale, che “son nà per spargi
e per spongiöle”, ho raccolto cioè asparagi e spugnole, due ghiottonerie che non si
rintracciano comodamente quasi ovunque, come accade per altre
vegetali mangerecci, ma che richiedono la
conoscenza dei rari “posti” di crescita, luoghi non sempre vicini
e facilmente accessibili, oltre ad una certa perizia nell’ipotizzare
il giusto momento della comparsa, solitamente simultanea, delle due
rarità.
Quest’anno la primavera si è fatta attendere a causa
della lenta scomparsa di una copertura nevosa particolarmente
abbondante e così anche gli asparagi e le spugnole sono spuntati in
ritardo, un ritardo di una decina di giorni rispetto alle annate
normali. Il mio “nar per asparagi e per spugnole”, la loro raccolta
e conseguentemente il loro impiego in cucina, per preparare risotti e
condire fettuccine per le spugnole e per accompagnare uova al
tegamino o altro per gli asparagi di bosco si è fatto attendere, si
è fatto molto desiderare…
Va comunque detto che l’Aruncus dioicus, asparago di monte o di bosco (in altre zone chiamato barba di capra, barba di Giove, coda di volpe, erba canona, bambe rose, rosa di san Giovanni… così mi dice Internet) botanicamente non ha nulla a che vedere con l’asparago coltivato (Asparagus officinalis) e nemmeno con l’asparago selvatico (Asparagus acutifolius) tipico, quest’ultimo, della macchia mediterranea e quindi introvabile da noi. Così come la “spongiöla” la “nostra” spugnola, la spugnola dei pioppi (Ptychoverba bohemica) nulla ha a che vedere, se non per una “certa parentela” con le “vere” spugnole, (non fa parte del genere Morchella ma del genere Verpa), le morchelle da noi estremamente rare. La possiamo considerare una “spugnola di serie B”, un fungo commestibile, dal buon sapore, da usare comunque con prudenza, in dosi non eccessive e solo dopo prolungata cottura. Comunque posso assicurare che, anche se, tra i micologi, alcuni ne sconsigliano l’uso considerandolo sospetto o ancora tossico anche dopo una lunga cottura, io, come del resto tutti i valligiani, l’ho sempre usato con grande soddisfazione (del palato)... ma, voi fate comunque attenzione, non è detto che dobbiate necessariamente imitarmi…
In alternativa potete sempre
limitarvi a raccogliere qualche bella piantina di tarassaco”, come
del resto ho fatto pure io sulla via del ritorno da una delle mie
uscite “per spargi e spongiole”. Il tarassaco, da mangiare crudo
in insalata o da lessare e ripassare in padella, non è certamente
tossico, nessuna preoccupazione quindi… Come, anziché dedicarvi
alla raccolta delle “buone erbe”, potete sempre limitarvi a
delle belle passeggiate tra prato e bosco nella primavera che avanza,
godendo alla vista del verde tenero delle prime foglie sui cespugli,
del candore dei ciliegi selvatici in fiore, del grigiastro dei
gattici che, nelle zone più ombrose, solo ora sta virando al giallo
intenso…
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