![]() |
"Gli alberi sono lo sforzo infinito della terra per parlare al cielo in ascolto " R. Tagore |
Un tempo, ormai molto lontano, salivo frequentemente, con i fratelli, sul crinale che divide la Val Piana dalla Val Baselga, sulle creste rocciose dei Crozi dei Meoti. L’escursione, in località sempre meno frequentate anche dai più temerari cacciatori, non era delle più semplici anche per noi allora giovani, forti e spericolati.
Arrivati da Ossana sul cocuzzolo del Selvat per la strada forestale o per le scorciatoie si proseguiva fino alla Piramide (Monte Scavezi) su un sentiero in alcuni tratti appena riconoscibile. Da qui in poi si seguivano ad occhio le piste dei cervi e dei camosci nei fitti cespuglietti di ontano verde, mugo e rododendro, fino a raggiungere la cresta brulla oltre il limite della vegetazione. Ci si portava così, seguendo il crinale, alla base dei pilastro granitico della cima Fazzon. Lo si aggirava e si risaliva attraversando morene e detriti rocciosi al Passo di Cagalatin nei pressi della cima Baselga, accanto all’altro passo, il Cagalat, verso il lago di Nambrone. Si discendeva a fatica per una ripida traccia e si raggiungeva il bivacco di Caldura e a seguire la spianata di Bon e la Val Piana per rientrare in paese
.
Percorso faticoso, a tratti difficoltoso, lunghissimo ma affascinante per l’ambiente incontaminato e selvaggio che lentamente si percorreva. Stupenda la visuale e frequenti gli incontri con la fauna selvatica: qualche capriolo, cervo, fagiano di monte, pernice bianca, ermellino, aquila… ma soprattutto numerosa la presenza del camoscio. Gita comunque caldamente sconsigliata a chi non conosce la zona… se non accompagnato da un esperto del posto.
Percorso faticoso, a tratti difficoltoso, lunghissimo ma affascinante per l’ambiente incontaminato e selvaggio che lentamente si percorreva. Stupenda la visuale e frequenti gli incontri con la fauna selvatica: qualche capriolo, cervo, fagiano di monte, pernice bianca, ermellino, aquila… ma soprattutto numerosa la presenza del camoscio. Gita comunque caldamente sconsigliata a chi non conosce la zona… se non accompagnato da un esperto del posto.
L’obiettivo di noi fratelli era quello di osservare da vicino e fotografare i camosci che dai Crozi dei Meoti, giù verso la Val Piana, dove pernottavano tra i cespugli, risalivano al mattino presto sul crinale. Li attendevamo ben nascosti preparandoci a riprenderli con lo sfondo delle lontane cime del Vioz e del Cevedale. Io durante le prime uscite non avevo teleobiettivo ma mio fratello riuscì ad ottenere delle belle diapositive con suo Tamron 500 mm catadiottrico. Più avanti qualche fotografia discreta la feci anch’io ma le opportunità migliori non si ripeterono più.
Camoscietto predato dall'aquila e più sopra tracce d'amore del forcello
In un’altra occasione, dopo aver trascorso un prima notte in
tenda sulle pendici del monte Fazzon, decidemmo di individuare e quindi
valicare il Passo di Lago Nero che mette in comunicazione la val Baselga con la
zona dei laghi Gelato e di Serodoli. Non so se scegliemmo il passaggio corretto
ma con grande difficoltà, soprattutto per l’enormità e il peso degli zaini,
riuscimmo a oltrepassare la cresta e a scendere ai laghi, sulla cui riva ci accampammo dirimpetto al Brenta e pernottammo. Il giorno seguente rientrammo al paese percorrendo il sentiero della
Val Gelada che conduce a Fazzon dove ci aspettava la macchina.
Sono ricordi, lontani ma ancora vivi, di avventure che sogno spesso
di ripetere anche se alla mia età mi dovrò probabilmente accontentare di una semplice
gita in Val Baselga, al baito ora rimesso a nuovo: ne parlerò eventualmente in un
futuro post…
Nessun commento:
Posta un commento