E’ questa una breve passeggiata lungo la parte iniziale
della “Via dell’Imperatore” in val Meledrio alla scoperta dei resti di un
antico opificio per la forgiatura di manufatti in ferro e di una altrettanto
antica fornace per la produzione della calce.
La “Via dell’Imperatore” prima della costruzione della
statale 239 consentiva la risalita da Dimaro a Madonna di Campiglio. Per questa
strada era transitato nel 1894 l’Imperatore d’Austria e Ungheria Francesco
Giuseppe in occasione di uno dei suoi soggiorni a Campiglio, seguito pochi
giorni dopo dalla moglie Sissi. Si raccontano, tra storia e leggenda, anche i
passaggi di altri personaggi illustri, come Carlo Magno e forse Federico
Barbarossa.
La “Via dell’Imperatore” si diparte dal primo tornante della
strada per Campo Carlo Magno poco oltre
la ristrutturata “Segheria Veneziana”, alla periferia di Dimaro. Attraverso
una valle selvaggia, fresca e silenziosa, ricca di fitte abetaie e ripidi ghiaioni, ai piedi
delle pareti del gruppo del Brenta, la “Via” conduce ad alcune delle tappe
dell’itinerario “Ecomuseo Val Meledrio” tra le quali appunto la “Fosinace” la “Calcara”, oggetto
di questo post.
Alle "Fosinace", che si raggiungono dopo pochi minuti di comodo cammino, veniva
lavorato il ferro, risorsa economica primaria nel periodo medioevale.
Qui si trova un maglio (originariamente erano tre) perfettamente conservato e ristrutturato e si entra in contatto con la realtà industriale di un lontano passato quando sfruttando l’energia dell’acqua si lavorava il ferro (estratto principalmente dalle miniere di Comasine in Val di Peio) per realizzare utensili di uso comune prevalentemente connessi alle attività agricole e di lavorazione del legname
Proseguendo, in poco più di un quarto d’ora, si raggiunge la
“Calcara”, antica fornace per la produzione della calce. La struttura della
calcara è circolare, scavata nel terreno e le pareti sono rivestite con pietre
di granito, particolarmente resistenti alle alte temperature che si
raggiungevano nel processo di cottura. In questa "brochure" viene descritto il
procedimento, assai laborioso e complesso, di produzione della calce viva.
Più avanti sulla “Via dell’Imperatore” si può raggiunge il
"Doss di Santa Brigida", dove, in seguito a scavi archeologici, sono
stati rinvenuti i resti dell’omonimo Ospizio, antico ricovero per i viandanti e
i pellegrini. Ne parlerò eventualmente in un altro post.
Un’ultima annotazione. Poche decine di metri oltre la “Calcara”
è in costruzione l’edificio di una centrale idroelettrica di cui nello
slideshow si possono vedere alcune immagini.
E’ risaputo che le centrali idroelettriche sfruttano una fonte rinnovabile di
energia e sono da incentivare in alternativa alle centrali termiche a
combustibile fossile o nucleare, per gli arciconosciuti motivi che non è il
caso qui di ricordare. Non va comunque dimenticato che anche la produzione di
energia idroelettrica ha un effetto
negativo sull’ambiente, ne modifica l’equilibrio con effetti più o meno
consistenti e non sempre prevedibili. Questi impianti vengono o quanto meno dovrebbero
essere realizzati solo dopo attente
valutazioni sul loro impatto.
Dal punto di vista strettamente paesaggistico è evidente che l’edificio in questione rappresenta un elemento avulso dal contesto della valle e non si potrà certo pubblicizzarlo come una nuova tappa nel giustamente decantato “Ecomuseo Val Meledrio”… E’ mia modesta opinione che si poteva fare di meglio… (magari… se fattibile una centrale in caverna), inserendo la costruzione in modo meno impattante nel prezioso ambiente circostante. Chi mi segue, sulla base delle mie fotografie, potrà comunque dare una sua valutazione…. sulle modalità d'innesto dell'edificio lungo la "Via dell'Imperatore"
Riprendo infine dalla “brochure dell’Ecomuseo Val Meledrio” il simpatico racconto dei tre magli:
…è un’antica storia che i nonni di un tempo raccontavano ai
bambini a proposito dei tre magli. Il primo maglio di grandi dimensioni aveva
la funzione di sagomare i pezzi di ferro più grossi. I suoi colpi erano lenti e
cadenzati. Il suo suono era cupo e grave. Ritmicamente sembrava dicesse:
”DEBITÓN... DEBITÓN... DEBITÓN...(grosso debito)”. Di fronte un maglio un poco
più piccolo. Con colpi un poco più veloci. Con un suono più dolce e metallico.
Sembrava rispondere: “ ... pagheren! ...pagheren! ...pagheren! (pagheremo!)”. A
lato il più piccolo dei tre magli batteva sulla sua incudine con colpi veloci e
quasi stridenti e diceva a sua volta: “Con che?! Con che?! Con che?! (Con
cosa?!)“. Probabilmente questa storia, oltre al tentativo di quietare ed
addormentare i numerosi bimbi, aveva lo scopo di rimarcare la durezza del
lavoro del fabbro battiferro e i suoi scarsi guadagni.
Mio padre mi raccontava, in un ormai lontano passato, una
analoga storiella relativa ai magli in funzione in quel di Fucine. Se ben
ricordo le voci dei tre magli (o erano addirittura cinque?) localizzati in edifici
diversi del paese, recitavano così:
“Et pagà?
Et pagà? Et pagà? Et pagà?...” (Hai pagato?)
“Pagheron, Pagheron, Pagheron, Pagheron…” (Pagherò)
“Con che po’? Con che po’? Con che po’?...” (Con cosa?)
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