Il "Camp" e la malga di Val Comasine
Le cime della Val di Pejo, il Vioz, il Taviela e il Cadini si
specchiano in tutta la loro maestosa imponenza nel minuscolo laghetto ritagliato
nel prato trapuntato di erbe in fiore. Poco distante due fontane, scavate in grossi tronchi di larice, dissetano con le loro acque freschissime l’escursionista
affaticato per il lungo cammino. Contorna il grande pascolo del “Camp” una rada
fustaia di giovani e fitti abeti e di maestosi, contorti, vecchi larici che si estende poi, sia a monte che a valle, sui fianchi del monte Boai. I bovini, che spesso pascolano sul prato del “Camp”
o si abbeverano sulle sponde del laghetto, contribuiscono a conferire all’insieme
un aspetto pittoresco quasi "segantiniano"…
La malga, dove fervono gli ultimi lavori di ricostruzione, è
collocata sul versante opposto rispetto al “Camp”, accanto alla stradina che porta
ad una seconda vetusta malga, Malga Mason, non più agibile e monticata. La salita alla malga attraversa l’imponente “bosco dei larici secolari”. Proseguendo oltre,
per un sentiero a tratti alquanto ripido e a tratti più abbordabile ma poco
distinguibile, ci si inerpica alla cima del Boai per godere di un panorama favoloso, a
trecentosessanta gradi, sui gruppi Brenta, Ortles-Cevedale e
Adamello-Presanella.
In Val Comasine si sale partendo appunto dal paesino di
Comasine, per la comodissima strada forestale. Un tracciato, che
sfiora la chiesetta di S.Lucia, lunghissimo, di dieci, undici chilometri, di cui solo i
primi due, o poco più, sono percorribili ma con estrema attenzione, in
automobile. Durante il cammino, ad un osservatore attento, non sfuggiranno certamente le cavità e i cumuli di materiale pietroso, ormai quasi interamente
coperti dalla vegetazione, dovuti all’attività estrattiva di minerale ferroso
che interessò la zona per molti secoli.
In alternativa si può preferire un sentiero, sicuramente più
breve ma anche più faticoso, che inizia al Belvedere di Pejo Terme
(raggiungibile in auto) e che salendo ripido e costeggiando per un lungo tratto il Rio della
val Comasine porta direttamente alla malga senza transitare però per il panoramico
“Camp”.
Le antiche miniere
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Un’antica tradizione vorrebbe che l’estrazione del ferro
(magnetite) dal territorio che si estende dal paese di Comasine fino alla Cima
Boài (2685 m). risalisse ai Galli, Etruschi, Romani. Documentazione certa
però si ha solo a partire dal XIII sec.
Sono numerosi i siti che rivelano lo scavo. Spesso si incontrano
“buche” anomale nel terreno che possono denotare sia uno scavo superficiale sia
il cedimento di un’antica galleria. Numerose sono anche le sottostanti
sporgenze che indicano lo scarico del materiale non utilizzato
In un primo tempo il materiale estratto dalle miniere di
Comasine veniva condotto a Cogolo. Questo tracciato orientato in discesa da sud
a nord e tutt’oggi percorribile e per identificarne l'ultimo tratto si usa
ancora il toponimo “Via delle Ferrére”. Non ci è dato sapere perché il lavoro
di fusione si sia poi spostato circa 4 Km più a valle, sempre vicino al fiume
Noce, nella località tuttora denominata il “Forno” o “Fôren de Novàl”.
(Breve estratto dai siti Internet "Le antiche miniere di ferro di Comasine" e Comasine in Wikipedia)
Per la lavorazione del ferro estratto sulla montagna di Comasine era
necessaria, oltre alla forza motrice data dalle acque del Noce e del
Vermigliano, un'enorme quantità di carbone. Le ricerche dendrologiche sui larici secolari della Val Comàsine
hanno portato alla luce interessanti testimonianze storiche.
(Breve estratto dai siti Internet "Le antiche miniere di ferro di Comasine" e Comasine in Wikipedia)
Il bosco dei larici secolari
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Le analisi dendrologiche hanno stabilito che i vecchi larici
della Val Comasine sono tutti coetanei e hanno un'età di circa 600-650 anni. Un intero bosco di patriarchi verdi,
una vera rarità dato che la vegetazione che oggi li circonda è infatti nata non
prima degli ultimi 150 anni. Gli studiosi hanno dedotto che intorno al 1450 il bosco della Val
Comasine subì un taglio drastico, gli alberi furono tutti abbattuti per
fare carbone. Sopravvissero solo pochi alberelli, troppo giovani per essere
sfruttati, gli attuali larici secolari. Ma se i carbonai si spinsero fino a
2200 metri di quota, a tredici chilometri dal fondovalle, per procurarsi il
carbone significa che il bosco sulla montagna più accessibile e vicina ai
centri abitati era già stato completamente tagliato. Il periodo del grande disboscamento coinciderebbe infatti con il
periodo di massimo fulgore delle miniere di ferro, presenti in valle fin
dall'Alto Medioevo
(Estratto dal sito "Larici Val Comasine").
(Estratto dal sito "Larici Val Comasine").
1 commento:
Bellissimo il panorama dal Camp!!!... Belle foto!!!
Massimo Moltrasio
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