Al cospetto della Presanella: dalla Val di Strino alle Valli Verniana e Saviana


Erano parecchi anni che non visitavo le due vallette, la Val Verniana e Saviana, a monte di Vermiglio (ma non la stupenda Val di Strino dove sono quasi di casa) e così, per ravvivare gli “antichi” ricordi, rieccomi in cammino, ancora una volta, sui versanti ricchi di boschi e di pascoli a monte della strada del Passo Tonale.

"Custodire la terra con bontà e tenerezza"
Papa Francesco

Certo, sono lontani i tempi in cui percorrevo queste valli calando dalle creste del Boai o del Redival dopo averle conquistate salendo dalla Val Comasine o dalla Val Comiciolo in Val di Pejo. Certo, sono tempi ormai molto lontani... anche se mi sembra solo ieri...
Oggi mi devo accontentare. Mi devo accontentare di una escursione molto più breve e semplice, di una lunga passeggiata che sfiora queste zone, di un percorso che, dalla bassa Val di Strino, su strade forestali e sentieri ben battuti, mi riporta, toccando il pascolo di Malga Mezzolo, nelle due vallette, prima in Val Verniana, poi in Val Saviana, per concludersi, dopo una scoscesa discesa, sulla piazza della chiesa di Vermiglio.


E' una “traversata” adatta a tutti, una sgambata di alcune ore allietata dalla vista di un vasto panorama, vivacizzata dai fischi delle marmotte e (nel mio caso) dall'incontro ravvicinato con una grossa volpe alla ricerca di facili prede. A chi volesse seguire le mie orme, vista la distanza che separa il punto di partenza da quello di arrivo, consiglio di procedere in compagnia: servono infatti due automobili, una da parcheggiare a Vermiglio, l'altra più a monte, lungo la Statale del Tonale dove si imbocca la ex strada militare per la Val di Strino e per il Forte Zaccarana.




Inizio quindi la salita con l'amico di sempre, seguendo la strada militare, mentre in lontananza, in fondo alla Val di Sole, sorge, guarda caso, il sole. E' un sole gigante, tutto rosso, che con i suoi raggi incandescenti sembra incendiare il bosco di abeti che stiamo attraversando. Impressionante... Quattro tornanti, venti minuti di cammino e improvvisamente la Val di Strino si apre alla nostra vista con le creste ben illuminate ed i pascoli scuri, ancora in ombra.


Lasciata la strada militare, tagliamo brevemente per i prati tra i perplessi fischi delle marmotte ancora assonnate e imbocchiamo la stradina che dirige verso Malga Mezzolo. Il sole inizia a rischiarare anche il versante opposto, le creste e le montagne che coronano l'Alta Val di Sole. Sono la Cima Presanella, Busazza, Venezia... e tante altre cime minori. Nel complesso un insieme incantevole con la luce radente del primo mattino ma, per certi versi, anche un panorama molto inquietante... l'immagine del clima che cambia e che cambia molto rapidamente...




I nevai ma anche alcuni piccoli ghiacciai che, nel mio ricordo, ricoprivano parecchi pendii allungandosi verso il fondovalle sono scomparsi. I ghiacciai più estesi, si sono ritirati, sono di molto arretrati riducendo notevolmente la superficie da loro coperta.




Che tristezza... i nostri monti stanno mutando il loro aspetto. La roccia, gli sfasciumi, le morene ma anche lo stesso ghiaccio, mai così compatto e scuro, si sostituiscono al candore della neve che sempre, anche in estate, adornava le montagne rompendo la grigiastra monotonia della terra nuda...



Ma bando alle amarezze, alle considerazioni e alle discussioni con l'amico per individuare cause e responsabilità di questo sfacelo... Ora si prosegue in silenzio e si raggiunge Malga Mezzolo, o meglio quello che della casera e dello stallone rimane, solo i suoi miseri ruderi. La malga, posta in una stupenda e panoramica posizione, al centro di un ricco pascolo, è stata da tempo abbandonata a sé stessa e al lavorio degli agenti atmosferici, alla pioggia, al vento e soprattutto alla neve che a poco a poco l'hanno consumata risparmiando solo la muratura portante.


La Malga Mezzolo... segno tangibile dei tempi che cambiano... del rapido mutare dell'economia della valle. Un'economia che un tempo non troppo lontano girava quasi esclusivamente attorno all'agricoltura, un'agricoltura povera ma sicuramente in equilibrio con l'ambiente. Un'economia che oggi è cambiata radicalmente, trainata com'è soprattutto dall'ospitalità turistica, dall'espansione di numerosissime attività turistiche, ricreative e sportive, ricche ma spesso poco sostenibili, poco rispettose del territorio, invadenti e talora ambientalmente distruttive e che, senza dubbio, incidono negativamente, sia pure in modo infinitesimale, anche sul cambiamento climatico complessivo.




Avanziamo ancora per un breve tratto in leggera salita e, dove si distacca il sentiero per il Bait del Vedeler, la nostra strada si fa viottolo ed è proprio qui che inizia la nostra discesa verso la Val Verniana. Discesa breve per raggiungere la valle... valle bella, molto più bella di come la ricordavo.





Sul pascolo, solcato da un rio in questo periodo assai povero d'acqua, pascolano delle giovani bovine che brucano l'erba bionda e secca tra le tane e i fischi delle marmotte allarmate dalla nostra presenza.




Sostiamo qualche minuto e subito, sulla strada che sale dai masi e dalla malga posti più in basso, appare un numeroso gregge di capre guidate dal pastore e controllate da un piccolo vivacissimo cane. Salgono lentamente unendosi, via via, nel loro cammino alle manze radunate e spronate dall'abbaiare del cane sempre in corsa.





Le seguiamo per un bel tratto esplorando la media valle. Durante il ritorno sorprendiamo la volpe mentre, nascosta da un grosso masso, tenta l'avvicinamento ad una giovane inesperta marmotta.




Poi scendiamo avanzando sulla stradina sconnessa lungo i prati che qualche superstite, coraggioso contadino ha da poco falciato (siamo a circa 1800 m...). Evitiamo però di proseguire fino alla zona dei masi posta all'inizio dalla valle, al limitare del bosco, molto più in basso dell'imbocco del sentiero da seguire per raggiungere l'ultima nostra meta, la Val Saviana.




E' questo un sentiero che sale nel bosco fino allo spartiacque tra le due valli. Il bosco di abete rosso che attraversiamo a lungo è bello, umido, ricco di soffici muschi ma poverissimo di funghi a conferma di una stagione micologicamente negativa... La crescita dei funghi non viene certamente favorita dal clima di questa siccitosa estate...




Valichiamo il crinale e discendiamo nell'ultima valle. La discesa peraltro è breve e termina davanti alla nuova Malga Saviana, una bella struttura, realizzata con finanziamenti europei (così leggiamo), ma che finora non sembra essere stata mai monticata.





Del resto questo edificio non ha il tipico aspetto di una malga, sembra più un fabbricato destinato ad accogliere una compagnia di rustici campeggiatori o tutt'al più destinato ad una qualche attività agrituristica estiva. Ma chissà...



Questa valle, posta sotto le ripide pendici del Monte Boai, è più ripida e stretta della precedente, e certamente ad un escursionista può appare poco invitante almeno in questa zona poco elevata. Presumo e mi sembra di ricordare che più avanti, più in alto, verso la sua sommità il suo aspetto sia ben diverso, molto più alpestre e attraente. Osservando attentamente con il binocolo riusciamo ad individuare il sentiero che sale al Colle del Boai inerpicandosi a strette ansa su di un ripidissimo costone.




Inizia il nostro rientro e lentamente discendiamo per una stradina che, quando imbocchiamo la scorciatoia, si fa stretta e ripida mulattiera e infine proibitivo sentiero. Lungo il suo tratto iniziale incontriamo degli erti prati probabilmente ancora coltivati e alcuni piccoli masi rudimentalmente ristrutturati per un qualche breve soggiorno estivo al cospetto della Presanella.



Più avanti solo bosco fitto e asciutto, bosco di larici e di abeti, fino alle soglie del paese che raggiungiamo soddisfatti ma esausti per la lunga discesa. Una discesa “impossibile” su di un sentiero scosceso che per lunghi tratti più che un sentiero ci è sembrato un dei tanti “tovi” che solcano le pendici dei nostri monti, quelle ripide trincee che nel bosco seguono la linea di massima pendenza e che servivano e ancora talvolta servono per l'avvallamento dei tronchi.



Così sono ridotte le nostre cime dai cambiamenti climatici, dagli inverni con poca neve, dalle estati calde e siccitose. Ma niente paura... al telegiornale della sera, il nostro ministro dell'ambiente ci suggerisce un buon rimedio contro gli effetti del clima “impazzito” e in particolare contro la conseguente carenza d'acqua che ha colpito moltissime zone e città del nostro paese, Roma capitale inclusa. “Chiudete il rubinetto del lavabo mentre vi radete...” Indicazione senza dubbio utile e corretta ma che, data la prestigiosa carica che il personaggio riveste e la gravità del problema, suona alquanto patetica. Auguriamoci che i nostri governanti oltre a fornirci questi spiccioli suggerimenti si impegnino veramente, soprattutto a livello globale, per cercare di attenuare il cambiamento climatico in corso incidendo concretamente con provvedimenti seri e radicali nella gestione dell'economia e dell'ambiente.


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