Foschie mattutine nella languida luce
di un sole malato
Nella notte la neve aveva steso la sua tovaglia su tutta la valle. Era davvero nevicato! Meraviglia! Un mondo diverso... tutto ciò che era consueto era scomparso nascosto sotto il candido manto. Un mondo immacolato... i tetti delle case, i cortili, i giardini, gli orti, le strade, i prati, i campi, i pascoli e i boschi... tutto era bianco.
Iniziava così il nuovo giorno... ma questo era davvero un giorno nuovo, "nuovo di zecca", un giorno ricco di inedite
possibilità...
Valeva la pena di uscire... e subito, di affrettarsi per fare il consueto giro ad anello nei dintorni dell'abitato, il solito cerchio, la solita sgambata ma in un paesaggio diverso fatto di boscaglie incappucciate di bianco.
Non mi servono le racchette da neve e neppure i lunghi sci leggeri perché le stradine che percorrerò saranno già state sicuramente aperte, sommariamente sgomberate dalla neve per non isolare i casolari disabitati e i masi sparsi nei dintorni dell'abitato.
Ma eccomi in cammino...
La strada è zitta, il grosso trattore con la lama spazzaneve ha finito il suo lavoro, non lo si vede più e tutto è silenzio. Un silenzio ovattato che infonde tranquillità. Ben si sa... la neve sbianca i colori ma lima anche i rumori. E nel silenzio riemergono i ricordi... Ricordi di inverni lontani, frammenti di reminiscenze che si perdono nel tempo. Immagini sfocate che si accavallano... immagini di quando, da bambino, su questa stessa stradina, allora più stretta e ripida, mi divertivo a competere con i coetanei in spericolate discese su delle vecchie slitte di legno o di quando, parecchi anni dopo, accompagnavo i miei piccoli figli nelle prime discese con gli sci o con il rosso bob di plastica dura.
Vagabondando di pensiero in pensiero proseguo il mio cammino nella neve, inerte, indifferente a ciò che mi circonda, fino a che... alla vista di un rapace appollaiato sulla cime di un larice, riemergo dai ricordi, il passato si dissolve e ritorna l'interesse per il presente. Sì, quella macchia scura sullo sfondo dei monti immersi nella nebbia è quasi certamente una poiana. Sta controllando il territorio cercando di individuare una qualche possibile preda nella neve, un topo, un'arvicola o magari una lepre bianca... E' lontana. Nascosto dai cespugli riesco ad avvinarmi ma non più di tanto. Appena esco allo scoperto mi vede e subito si allontana, vola via. Addio...
Non scorgo altri selvatici. I caprioli e i cervi a quest'ora riposano immobili nel profondo del bosco. Accovacciati sulla terra nuda, alla base di un grande abete rosso osservano il nuovo paesaggio allungando la testa sulla candida trapunta. Qualcuno si è sicuramente mosso durante la notte o alle prime luci dell'alba. Qua e là se ne scorgono ancora le tracce parzialmente sepolte nella neve fresca. Hanno raggiunto il fondovalle in cerca di cibo, di qualche ciuffo d'erba secca affiorante dal gelido manto. Vana speranza. L'intensa nevicata ha coperto tutto, il foraggio ma anche le loro stesse orme. Ha steso un grande, uniforme foglio bianco sul quale ora è difficile leggere con chiarezza anche i percorsi di questi affamati selvatici.
E' veramente tanta la neve che copre il terreno. Il bosco sui ripidi versanti della valle sembra più grande, molto più esteso con i suoi abeti che si stagliano in modo netto sullo sfondo bianco e che si possono contare ad uno ad uno. Con la neve ogni albero ha acquisito una sua individualità, è inconfondibile, non si mimetizza più e la foresta non sembra più un esteso tutto unico, compattamente verde ma un insieme di elementi ben distinti, ognuno diversamente incappucciato nella neve.
Anche gli abeti che mi circondano appaiono più solenni con loro i rami aperti, distesi sotto il peso della neve, con i grossi tronchi argentati, imbiancati dai fiocchi intrappolati nelle rugosità della corteccia. Tra gli abeti si erge anche qualche grande larice sullo sfondo del cielo nebbioso e delle cime velate dal tenue grigiore del nevischio che lassù sembra cadere perennemente. Rivolgano i loro rami spogli, appena ammantati di bianco, verso l'alto, verso il sole che stenta a bucare le nubi e le foschie ancora dense, sembrano implorare una tregua, sembrano chiedere il ritorno dell'azzurro, del sole...
Ma il sole proprio non ce la fa... fa capolino per qualche istante tra le fronde innevate degli abeti ma oggi è una stella malata, languida, velata da nebbie fitte e scure. E' solo un'ampia macchia brillante che a poco a poco perde luminosità scomparendo nuovamente tra le nubi.
Sulla via del ritorno sono attratto dalle “piccole cose” dai piccoli gioielli incorniciati dalla neve: qualche lichene sulle cortecce delle conifere, una solitaria foglia autunnale di betulla o di sorbo ancora appesa il ramo, i soffici fiocchi di neve sul tronco di un ontano abbattuto dal boscaiolo, i piccoli abeti che a stento emergono dalla spessa trapunta candida ma soprattutto le gemme già turgide e verdi del sambuco... un presagio di primavera.
Ma il sottile grigiore che dai monti cala verso il fondovalle non fa ben sperare... C'è aria di neve... Della neve si respira il profumo... Non solo l'umido profumo della neve fresca già caduta ma anche quello più indefinito e nebbioso dei fiocchi che hanno ripreso a cadere sui versanti della valle e che presto riprenderanno a volteggiare anche quaggiù, sul fondovalle. La primavera è ancora lontana... Per il momento accontentiamoci dell'inverno, di questo inverno che finalmente assomiglia ad un vero inverno come quelli del tempo che fu. Un inverno che, dopo alcuni anni avari di precipitazioni, ci ha regalato nuovamente la neve, ci ha donato quel paesaggio imbiancato che stavamo scordando, quel sole velato, quelle nubi grige e quelle nebbie che stavamo quasi per dimenticare. Poi sarà la primavera... sarà il ritorno del colore che naturalmente accoglieremo con immensa gioia...
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