Girovagando in aprile nei
prati e nelle macchie selvose del fondovalle...
Le piccole gocce d'acqua che, dopo la
pioggia della notte, impreziosiscono i primi fiori e l'erba nuova,
luccicano nei prati dischiusi alla luce del primo mattino mentre,
nell'ombra umida del bosco, sui rami nudi degli arbusti e delle
piante adulte e sulle loro foglie morte ancora appese o sparse sul
terreno, le gocce restituiscono l'immagine capovolta della boscaglia
e delle cime innevate che vi si specchiano. Sono gocce trasparenti,
limpide, che come lenti vetrose riescono talvolta ad ingrandire, a
dilatare, deformandole, le venature della vegetazione, la fitta
peluria grigiastra dei gattici in boccio, dei petali delle primule,
dei crochi e degli anemoni su cui riposano. Ma son pure piccoli
diamanti che sparsi sugli aghi dell'abete, sulle foglie secche della
roverella e sugli amenti del salicone riflettono i raggi del sole,
rimandano sfavillante bagliori esibendosi in luccichii lampeggianti
che dopo l'acquazzone della notte sembrano festeggiare il ritorno del
bel tempo.
Procedo lentamente e spesso mi fermo
attratto da un fiore bagnato e vistoso, da una farfalla che al primo
sole asciuga e riscalda le ali, dai muschi grondanti, dalle cortecce
e dai licheni fradici, dalle gocce che brillano sui rami spogli,
sulle gemme e sulle minuscole e tenere foglioline primaverili.
La natura, che riprende a vivere dopo
il letargo invernale, mi regala aspetti paesaggistici inusuali
assieme a immagini inconsuete e sorprendenti di un microcosmo
arricchito dall'acqua della notte risplendente nel sole del mattino.
Immagini che tento di immortalare, scatto dopo scatto, cercando di
“cogliere l'attimo” con la “giusta” composizione, con la
“giusta” luce, con lo sfondo “giusto”... ma non è sempre
facile e i risultati sono spesso al di sotto delle aspettative. Non
sempre le fotografie restituiscono la bellezza di ciò che si è
visto, l'incanto dell'osservazione dal vivo, l'emozione
dell'esplorazione diretta... vera, concreta.
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