Riflessioni sotto la pioggia, ai “Masi da Mont” di Deggiano



Con il mio amico di tante avventure salgo ai “Masi da Mont” partendo da Deggiano, minuscola frazione del comune di Commezzadura.
E' una nuvolosa giornata di metà aprile che non promette niente di buono. Coraggiosamente ci avviamo ugualmente ma ben presto, come temevamo, dai nuvoloni che oscurano il cielo inizia a scendere una sottile pioggerella, una intermittente pioggerella che ci accompagnerà (e accompagnerà le nostre considerazioni) per l'intera mattinata.
No, non è davvero una bella giornata e ciò che, da subito, incontriamo lungo la salita nel bosco non contribuisce davvero a rincuorarci.


Numerosissime resinose giacciono sparse sul terreno, abbattute dall'uragano dello scorso ottobre. Sono soprattutto abeti (abeti rossi dalle radici troppo superficiali...) che il vento ha estirpato ma sono anche piante di larice che la bufera ha troncato a metà altezza non riuscendo a strapparle dal suolo. Una desolante visione fatta di conifere atterrate... un triste spettacolo enfatizzato anche dai tronchi e dai rami delle latifoglie spezzati dal peso della neve pesante abbondantemente caduta fuori stagione, solo qualche giorno prima.
Gli effetti del disastroso uragano di ottobre come quelli dell'intensa nevicata d'aprile (molta neve, arrivata dopo un inverno misero di precipitazioni) così evidenti lungo la strada sterrata che stiamo percorrendo ci inducono a riflettere su quanto sta accadendo a livello climatico. E' ormai convinzione comune ed è anche nostra opinione che il succedersi sempre più frequente di accadimenti meteorologicamente molto intensi dipenda dal cambiamento climatico in atto causato dal costante aumento della temperatura a livello globale, aumento di temperatura che sulle Alpi è più accentuato che altrove. Del resto l'ipotesi che il reiterarsi di fenomeni meteorologici estremi dipenda dall'aumento della temperatura connesso all'eccessiva concentrazione di gas serra in atmosfera (si dice che la quantità di CO2 non sia mai stata così elevata da almeno ottocentomila anni) trova sempre maggiori conferme anche a livello scientifico... ma purtroppo, nonostante questa quasi certezza, ben poco si fa, sia a livello individuale che pubblico, in economia, in politica, nell'amministrazione del bene comune... per limitare i danni causati dall'eccessiva immissione di gas serra. Dovunque sembra costantemente prevalere il mondo dei consumi incontrollati, il tornaconto contingente, sia personale che generale, legati ad un'economia lineare, ben poco sostenibile, che guarda solo all'oggi e che nulla è disposta a sacrificare per il domani... che si disinteressa del futuro o forse, ma solo a voler pensar bene, che non ha la piena consapevolezza di ciò che l'attende...


Superato il bosco, lasciata alle spalle la tristezza dei numerosi alberi schiantati, dimenticate le nostre elucubrazioni climatiche, raggiungiamo finalmente i prati che circondano i “Masi”e lì il panorama si apre. Si apre sul fondovalle e soprattutto si apre sul versante opposto, il versante ombroso della valle, il versante “urbanizzato”, oltremodo antropizzato dalla redditizia attività turistica invernale.
Da quassù è ben individuabile (ma lo era ancor più dal paese di Deggiano) la periferia di Dimaro colpita dall'alluvione, l'estesa zona che il fortunale di ottobre aveva sepolto con una “montagna” di detriti, sabbia, ghiaia e massi, trasportati a valle dalla furia delle acque del Rio Rotian. Ora l'area appare ben ripulita e a breve anche gli ultimi abitanti sfollati da mesi dovrebbero poter rientrare nelle loro case...... Così almeno mi è stato riferito come pure mi è stato detto, non ricordo da chi, che già in altri lontani tempi (nel 1882 ?) la zona in questione venne gravemente colpita da un analogo evento alluvionale. Se così fosse c'è da chiedersi se non sia oltremodo opportuno riflettere... e lungamente riflettere... prima di urbanizzare così intensamente aree che furono soggette, anche solo il un remoto passato, ad eventi così calamitosi.... Io e il mio amico ce lo chiediamo...
Come anche ci chiediamo se il cambio di destinazione di un suolo geologicamente fragile. come quello del piccolo bacino idrografico del Rio Rotian, cambio di destinazione da bosco a piste da sci, impianti di risalita, strade, rifugi, cortili ecc..  (a monte e lungo un versante del pericoloso rio) non sia stata una concausa dell'evento alluvionale o comunque un contributo all'aggressività del catastrofico e luttuoso fenomeno dello scorso ottobre. Solo vaghe ipotesi, le nostre, tutte da verificare e solo da chi è in grado di farlo... Probabilmente solo inutili considerazioni di fronte ad una accadimento meteorologico di una intensità tale da riuscire a creare in ogni caso gravissimi danni... ma resta comunque il fatto che solo il bosco, un bosco climax, naturale, misto e disetaneo, è in grado di assorbire e trattenere grandi quantità d'acqua restituendola in tempi molto lunghi, cosa che non possono certo fare i suoli lavorati, trasformati, calpestati, impermeabilizzati, in vari modi antropizzati.... E questo vale ovunque…


Ma è giunta l'ora di abbandonare (nuovamente) ogni gravosa considerazione e di soffermarci ad ammirare i “Masi da Mont”, le rustiche architetture del piccolo nucleo di vecchi fienili posti sulle pendici di Deggiano, dove il versante solatio della valle spiana aprendosi in slarghi decisamente meno ripidi. Del resto altro non ci resta da fare visto che la pioggerella, fattasi sempre più insistente, non ci consente di proseguire verso mete più ambiziose. Ci limitiamo così ad aggirarci a lungo, sui prati ancora privi d'erba, nei pressi dei masi dove un tempo non lontanissimo si accumulava il fieno raccolto nei dintorni ma anche sulle magre praterie al di sopra del limite della vegetazione arborea. Con quel fieno si alimentavano le vacche che quassù, nei ricoveri al piano terreno dei masi, venivano stallate in autunno, fino all'esaurimento delle scorte. Qui rimanevano da ottobre a dicembre, poi discendevano a valle rientrando nelle stalle del paese. I contadini ogni giorno salivano da Deggiano fin quassù, percorrendo una ripida mulattiera spesso innevata, per foraggiare il bestiame, pulire le stalle, cambiare lo strame, mungere le mucche... Calavano poi in paese portando sulle spalle i congiai, i contenitori metallici colmi di latte. Questo e molto altro mi racconta l'amico che mi accompagna...
Attorno ai masi si estendevano gli spazi fertili, un tempo falciati o intensamente coltivati, come del resto intensamente lavorato era l'intero versante, anche nelle sue zone molto più erte, tutte terrazzate, scolpite dai muretti a secco che sostenevano minuscoli campetti coltivare a grano, segale, orzo, patate... Prati e campi che si susseguivano ai campi e più in alto, a monte dei masi, ripidissimi pascoli alberati fino a raggiungere le rocce e le ultime praterie oltre il limite della vegetazione, praterie d'altura che pure venivano falciate almeno una volta l'anno per sfruttare anche la loro magra erba coriacea (erba visega).


Territori diversamente lavorati ma tutti sempre intensamente utilizzati. Territori che oggi sono abbandonati, territori dove il bosco sta decisamente avendo il sopravvento riconquistando dopo secoli, forse millenni, i terreni che l'uomo, con immense fatiche gli aveva strappato.
In pochi decenni l'economia della valle è totalmente mutata. La vecchia agricoltura di sussistenza un tempo praticata dalla quasi totalità della popolazione è del tutto scomparsa. Un cambiamento radicale che in pochissimo tempo ha rotto un equilibrio, ha rivoluzionato un modo di vivere fermo, sostanzialmente immobile da tempi immemorabili…
“Come sono cambiati i tempi!”: va ripetendo l'amico che mi accompagna... Lui quassù ha faticato, fin da bambino controllando le mucche al pascolo e più tardi coltivando campi e falciando prati.
Oggi la vita è sicuramente più facile, il lavoro è meno gravoso, il benessere è diffuso... ma non mancano le negatività.... Una trasformazione economica precipitosa, spesso caotica, basata su di un incontrollato sperpero di risorse, su di un consumismo esasperato sta avendo conseguenze disastrose sull'ambiente. Ed evidentemente non si parla solo dalla nostra piccola valle.... Inquinamento, plastica ovunque, spreco energetico, gas serra in abbondanza e conseguente cambiamento climatico di cui sono ormai evidenti i disastrosi effetti, verosimilmente solo i primi effetti... Con il mio amico li ho osservati da vicino questi effetti, le ho viste da vicino le possibili conseguenze... Le ho viste e soppesate a lungo... le ho viste sulla salita che porta ai “Masi da Mont” di Deggiano... e dall'alto, sul fondovalle alla periferia di Dimaro e lungo il corso del Rio Rotian.
Conseguenze probabili perché non esistono certezze ma la loro gravità ci induce ad essere molto cauti.
Da parecchio tempo non mi succedeva di vedere una “salamandra pezzata”.... Eccola qui... l'ho incontrata ai “Masi da Mont”. Avanzava lenta al bordo della strada sterrata, sul margine del prato fradicio di pioggia. Un avvistamento che, anche a detta del mio amico, si sta facendo sempre più raro... Comunque un “buon segno” che, nonostante tutto, fa ancora sperare.


Tutte le foto in “Google Foto


1 commento:

Scoiattolo ha detto...

Mi piace tantissimo quello che scrivi. E sono sempre d'accordo con le tue riflessioni e considerazioni. Direi le stesse cose, ma non ne sono capace. Sei proprio una bella persona. Un uomo buono. Grazie!