Ritorno nuovamente in Val Piana, all'inizio di giugno, mese ancora segnato dal timore del coronavirus. E' una mattina dal tempo molto incerto, con un sole che, dopo i piovaschi della notte, fa capolino ma solo di tanto in tanto, tra nubi temporalesche e nebbioni scuri che scendono a lambire il fondovalle.
La raggiungo seguendo il "sinter dela lec", sentiero che, con un tracciato molto suggestivo, costeggia nel suo tratto iniziale una "lec", una antica canaletta di irrigazione, per proseguire poi inerpicandosi accanto alle acque tumultuose e spumeggianti del Rio Valpiana particolarmente gonfio per la pioggia e per lo scioglimento dell'ultima neve sul monte Giner.
Vi salgo volentieri (direi quasi con fervore) perché so che raggiunta la Val Piana, sono certo che troverò un ambiente rilassante, rasserenante (al tempo del covid ne sento veramente il bisogno), che troverò una piccola valle ancora intatta, sostanzialmente integra, che troverò i segni di un paesaggio antico fatto di pascoli, di boschi, di cime innevate, di acque limpide...
Troverò un piccolo paradiso, soprattutto ora che la Val Piana, vista la stagione e il timore del contagio, non è ancora invasa dalla folla di turisti e valligiani. Più avanti, la sua immobile tranquillità, la sua silenziosa distesa saranno inevitabilmente infranti dalla presenza di numerosi vacanzieri. Ma è giusto così: tutti hanno diritto di ritemprare corpo e spirito respirando la salubre aria dei suoi monti e godendo della sua bellezza.
Prima di raggiungere la quiete dei prati della Val Piana devo superare l'ultimo ripido tratto del “sinter dela lec” dove mi accompagnano gli schizzi e gli spruzzi del torrente in piena che precipita fragorosamente a valle. Una dinamicità spettacolare, attraente ma pure inquietante che certamente non contribuisce a tranquillizzare l'animo già angustiato dal martellante pensiero della pandemia.
Poi, finalmente, ecco la Val Piana. Verde come non mai. Bellissima e rassicurante: un'isola di pace e di serenità.
Sullo sfondo della distesa di pascoli e boschi il Corno di Bon buca la nebbia, spuntando, sempre più distintamente, dal grigiastro biancore delle nubi che lo avvolgono. Rara e stupenda immagine.
Percorro, in lungo e in largo, i pascoli immerso nell'erba fitta e già alta. Mi arresto solo alla base dell'ampio conoide di deiezione sulla cui sommità si trova la grande malga della valle. Malga digià monticata, come mi confermano le numerose mucche al pascolo che ammiro e riprendo durante i miei spostamenti. Mucche immerse in un paesaggio bucolico, ancora integro, non degradato da quello sfruttamento turistico intensivo che caratterizza altre zone della Val di Sole dove l’antico ambiente alpino si è stato ampiamente snaturato. C'è solo da augurarsi che, contrariamente a quanto è accaduto altrove, questa stupenda piccola valle si conservi sempre così, come ora la vedo, intatta nel suo splendore, nella sua antica sembianza...
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2 commenti:
Bello
Quanti ricordi.Mi vieni da piangere
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