La bellezza dell'ultimo e del primo sole sulle cime di Baselga
Ancora una volta…. Dopo alcuni anni ho voluto rivedere la stupenda conca di Baselga. L’ho raggiunta nuovamente, forse per l’ultima volta... bellissima, lassù a quota 2000, ai piedi delle cime dove ho vissuto tante giovanili avventure... molte “imprese” di cui ho lungamente raccontato nel mio vecchio post “In Val Baselga e sulle creste dei Crozi dei Meoti”
Il minuscolo fondovalle di Baselga con il suo verde pianoro solcato da un serpeggiante limpido rio, è riuscito ad incantarmi di nuovo, a conquistarmi forse più di quanto lo aveva fatto "allora", durante gli ormai lontanissimi anni della mia verde età.
Una vallecola affascinante, una remota piccola conca racchiusa tra le rocce, tra i lastroni e le punte granitiche che circondano la massiccia Cima Baselga. Un insieme straordinariamente selvaggio, lontano dai perimetri trafficati dalle grandi masse dei vacanzieri che sistematicamente scelgono di accalcarsi più in basso, sulle rive del Laghetto dei Caprioli, artificialmente creato proprio per loro, per soddisfare anche in montagna, al cospetto delle nostre belle cime, la loro anomala voglia di mare, di riviera romagnola.
Ed è proprio in prossimità del lago di Fazzon che inizia la nostra mattutina salita che ci condurrà in val Baselga. Dico “nostra” perché non sono solo, sono in compagnia di un amico ritrovato dopo molti anni e di suo figlio.
Lungo le rive del lago individuiamo, a stento, alcuni pescatori... E’ ancora presto. Tutto è silenzio. L'ambiente si animerà solo più tardi, quando il sole sarà molto più alto…
All’inizio si procede per una ventina di minuti su di una comoda strada forestale, ma poi... poi inizia la “vera” salita, una salita che a tratti si fa “calvario”, a tratti una vera “tribolazione”.
Il sentiero che si imbocca al termine della "ingannevole" strada bianca è alquanto sconnesso, salendo si fa spesso erto e per lunghi tratti pure infossato nel terreno, con il fondale a gradoni sassosi quasi fosse il greto di un ripido torrentello. Io lo ricordavo sicuramente parecchio lungo e noioso ma non così logorante, ma allora... allora avevo molti anni di meno e tutto era più agevole.
L'ambiente, ravvivato dal sole del primo mattino e floristicamente interessante, ricco di essenze erbacee e cespugliose, mitiga in parte la “sofferenza” della salita. Il bosco, dopo le iniziali oscure fustaie pure e coetanee di abete rosso, si fa più vario, più intricato e selvaggio: disetaneo e misto di conifere e latifoglie che, alle quote più elevate, si trasforma a poco a poco, in un rado lariceto ricco di rododendro, di ontano verde e di qualche bell’esemplare di pino cembro.
La veduta, molto ristretta durante la salita iniziale, si apre più in alto, lungo il tratto finale del percorso. Finalmente si riescono ad ammirare le lontane cime del Taviela, del Vioz e del Cevedale che chiudono la Val di Peio oltre ai più vicini pascoli delle Pozze con le relative malghe, la Cima Vegaia che li sovrasta e i sottostanti paesi di montagna, Ortisè, Menas, Castello e Termenago.
La verdissima val Baselga orlata dalle sue granitiche cime appare all’improvviso, quando ancora non te l’aspetti... Ancora pochi passi e si raggiunge la malga, la Malga di Baselga. Eccola... in un piccolo avvallamento ecco finalmente il “mio” bivacco, il bivacco dove un tempo trascorrevo la notte con i miei fratelli per avventurarmi all'alba sul pendii ai piedi della cima Baselga o sul crinale dei Crozi dei Meoti alla ricerca di camosci da fotografare sullo sfondo dei lontani monti dell'Ortles Cevedale.
Il bivacco non è certamente più quello di allora, del tempo che fu... un riparo arrangiato sui ruderi di una vecchia malga che offriva a qualche temerario escursionista solo una miserevole protezione, un po' di calore e dei giacigli di grezzo legno per non dormire all'addiaccio. Oggi è stato ristrutturato o meglio ricostruito ed è tutta un'altra cosa…
Accanto ad un ricovero d'emergenza sempre aperto ed accessibile (offre una sistemazione analoga a quella del bivacco dei miei ricordi) è stato predisposto un ampio locale provvisto di tutto ciò che può servire per passarvi comodamente sia il giorno che la notte: cucina a legna, tavolo, panche, lavello, credenza, sei posti letto, illuminazione elettrica… non manca nulla ma per poterne usufruire si deve richiedere la chiave del portone d’ingresso in paese, negi uffici del municipio di Pellizzano.
Conquistata la malga, posato lo zaino, riposate e rilassate le muscolature e le articolazioni arriva, inevitabilmente, la voglia di proseguire, di camminare ancora, di arrampicare oltre i sentieri segnati, lassù, in alto, ai piedi della cima Baselga... per osservare camosci, pernici bianche, ermellini, aquile e marmotte... la voglia di raggiungere e valicare il passo di Cagalatin discendendo in Caldura e in Val Piana... di individuare e magari di arrampicare fino al Passo del lago Nero che si apre sul lago Gelato. Desideri irrealizzabili, solo sogni ormai… Impensabile, insensato... I tempi in cui mi potevo permettere queste imprese sono davvero lontani.
Nel sole ormai alto mi devo accontentare di seguire per alcune centinaia di metri la traccia che percorre la vallecola costeggiando il rio dal fondo sabbioso e dalle acque limpidissime. Mi devo accontentare, si fa per dire, di godere dello stupendo panorama che si apre alla mia vista, oltreché, rinunciando definitivamente ad ogni velleitaria impresa, limitarmi ad annoiare chi mi accompagna con i miei ricordi e con i miei sogni impossibili.
Due “ciacole” (chiacchiere) con gli amici e, nell’attesa del tramonto, molte fuoriuscite dal bivacco per esplorare e fotografare ogni angolo dei dintorni... Poi, quando finalmente si avvicina la sera e la luce cala, l'ombra offusca il versante rivolto a levante e si distende pure sul fondovalle.
Il tempo scorre, fin troppo adagio... Girovagando nei dintorni della malga, sul pascolo ormai in buona parte spento, attendo pazientemente che l’ultimo sole pitturi con i caldi colori del tramonto le vette, per ora ancora luminosissime, la cima Baselga e tutti i picchi rocciosi che la circondano.
Poi, finalmente, il “miracolo” si compie... non ho pazientato invano. A poco a poco il biondiccio chiarore delle rocce nude, che si innalzano dalla ombrosa vegetazione sottostante, si riscalda acquistando tonalità più marcate, più intense, più vivide.
Un bella serata, un bel tramonto, coinvolgente.... Colori caldi in continua evoluzione, giallo, aranciato, rossiccio, rosato, violetto… Tinte decise nel loro iniziale divenire, più morbide al loro squagliarsi e al loro spegnersi.
Un incanto i colori della Cima Baselga e dei picchi circostanti al calar del sole anche se certamente non paragonabile al Rosengarten dei dolomitici Catinaccio e Latemar.
Notte praticamente insonne nella Malga Baselga: un continuo rigirarsi nello stretto saccolenzuolo. La levataccia alle primissime luci dell’alba, verso le quattro del mattino, giunge come una liberazione.
All’aperto mi muovo lentamente, cammino prudentemente nel tenue chiarore che flebilmente si irraggia da oriente. Nei pressi del bivacco cerco una collocazione che sia in vista sia della Cima Baselga che dei monti del gruppo Ortles-Cevedale. Mi preparo e fotografare e attendo... attendo che i primi raggi del sole sfiorino i monti. Aspetto a lungo respirando a pieni polmoni l’aria fresca, umida e profumata dei prati di Baselga.
Attesa infinita, ma non spiacevole... Mi fa compagnia il risveglio della natura, il canto degli uccelli più mattinieri, il borbottio del torrentello, la brezza che accarezza la valle, la luce del giorno che aumenta lentamente, che cresce, evidenziando progressivamente i dettagli di ciò che mi circonda, i particolari del paesaggio, particolari vicini e lontani. Poi, finalmente... ci siamo... il sole raggiunge con i suoi primi deboli raggi la cima del Cevedale, cima innevata, candida, ma che subito si colora di un pallido rosa. Qualche minuto ancora e anche i crinali ed i picchi che mi sovrastano si illuminano, si pitturano con gli stupendi colori dell’alba. Solo il fondo della valle e i suoi bassi versanti restano in ombra e lo rimarranno ancora per molto prima che il sole li raggiunga.
Bella la luce del primo mattino che pian piano inonda Baselga. Una luce forte, decisa, giallo-aranciata che proietta ombre lunghe, che scolpisce il paesaggio…
Ma è giunta l’ora del rientro. Riordiniamo il locale, raccogliamo le nostre cose e prepariamo gli zaini, chiudiamo a chiave la porta della Malga Baselga e, dopo un ultimo lungo sguardo alle cime e alla vallecola, iniziamo la discesa (con un ceto timore e molta prudenza) che ci condurrà, perfettamente in tempo, a chiudere sulle rive del Lago di Fazzon le 24 ore della nostra escursione.
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2 commenti:
bello spunto, una valle che finora non ho mai fatto: è ipotizzabile un giro ad anello di qualche tipo, senza dover scendere dalla stessa? grazie
Nessun sentiero "segnato". Possibile, per chi se la sente, raggiungere il bivacco di Artuik seguendo una traccia non segnata così come il Lago di Nambrone o Caldura sopra Valpiana di Ossana raggiungendo dei "passi" molto in quota: eventualmente farsi accompagnare da chi conosce la zona.
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