Quando, di buon mattino, in
compagnia dell'amico di sempre, raggiunsi in auto il Fontanino di
Pejo non sospettavo che il traguardo della nostra escursione
sarebbe stata la Val Pudria, la piccola conca erbosa posta a 20150
metri sul versante idrografico destro della Val del Monte. Sì,
proprio la “mia” Val Pudria nascosta lassù, in alto, oltre il
bosco e le rupi scoscese che dominavano l'ampio parcheggio dove ci
trovavamo.
“Mia” Val Pudria perché le sono affezionato,
la conosco molto bene, la conosco e la conoscevo da sempre, è una
mia vecchissima “frequentazione”; infiniti ricordi mi legano a
lei, reminiscenze vicine ma soprattutto lontane e tra queste ultime
la memoria di giovanili avventate “imprese” sui monti che la
sovrastano. La conoscevo talmente bene che mi sembrava superfluo
visitarla ancora una volta. La meta programmata con il mio amico, era
un'altra: era la Val Comicciolo, un valletta molto più selvaggia e
poco frequentata che si apre oltre i ripidissimi pendii a monte del
bacino artificiale di Pian Palù, ai piedi della cima Redival; un
piccolo avvallamento racchiuso tra la Val Montozzo e la “mia” Val
Pudria. Mi allettava il pensiero di ritornarci dopo numerosi anni di
assenza sperando di incontrarvi quelle marmotte e quei camosci che un
tempo non mancavano mai e, con un po' di fortuna, anche qualche
pernice bianca o un raro esemplare di stambecco sui suoi picchi e
sulle sue creste rocciose un tempo sempre sorvolate dall'aquila,
Così non è stato...
Ma ritorniamo a noi. Siamo al
Fontanino di Pejo, punto di partenza della nostra mattutina impresa.
Imbocchiamo, senza alcun tentennamento, il frequentatissimo sentiero
sulla sponda destra del Noce (sulla sinistra guardando la diga del
Palù) che in una mezz'oretta di tranquilla camminata permette
a chiunque di raggiungere la Malga Celentino posta poco sopra le
sponde del lago artificiale di Pian Palù.
Nei pressi di quella malga parte il
sentiero che porta in Val Montozzo (uno dei due possibili percorsi
per il Montozzo) ed è proprio da questo tracciato che, ad un
certo punto, si dirama la ripida salita per la Val Comicciolo, ultima
salita verso il nostro traguardo. Quindi raggiunta la Malga di
Celentino non abbiamo dubbi (purtroppo) e subito imbocchiamo
il sentiero per la Val Montozzo. Lo seguiamo a lungo nell'ombra del
versante non ancora rischiarato dal sole, lo seguiamo per più di
mezz'ora, fino a quando... alt... siamo costretti ad arrestarci. Il
torrente che precipita dalla nostra meta, la Val Comicciolo, ci
taglia la strada impedendoci di proseguire. E' impossibile superare
quel rio. Un corso d'acqua che solitamente è del tutto irrilevante
oggi è incredibilmente impetuoso. Il rapido scioglimento della neve
caduta in abbondanza durante gli ultimi mesi lo ha gonfiato come non
mai rendendolo invalicabile. Così, a malincuore, siamo costretti a
rinunciare all'escursione e maledicendo i cambiamenti climatici che
stanno sconvolgendo il normale andamento delle stagioni ritorniamo a
Malga Celentino.
Potevamo prevederlo... Gli effetti del
clima che muta sono sotto gli occhi di tutti: dovevano essere anche
sotto i nostri occhi.
L'autunno e buona parte dell'inverno
sono trascorsi senza neve. Solo in primavera ha nevicato in
abbondanza, fuori stagione e fuori misura soprattutto alle quote più
elevate. E ora, dopo le anomale precipitazioni e le gelide
temperature primaverili dobbiamo fare i conti con un'improvvisa
ondata di caldo come ben poche volte si è vista... la neve si
squaglia rapidamente e i torrenti si gonfiano. Era più che
verosimile che il nostro sentiero fosse impraticabile...
Probabilmente sono anche molti altri i
sentieri che subiscono o che hanno subito gli effetti del cambiamento
climatico. Anche per cause diverse.
A fine ottobre la tempesta Vaia ha
colpito anche la Val del Monte: sulla sponda opposta del lago sono
ben visibili le conseguenze: estese macchie il bosco sono state
sradicate dalla furia del vento ed è probabile che anche su
quei pendii alcuni percorsi siano interrotti.
Siamo nuovamente nei pressi di Malga
Celentino. Abbiamo camminato inutilmente per quasi un'ora... ma forse
no, non del tutto inutilmente. Abbiamo comunque ammirato un bel
panorama: il panorama del lago visto dall'alto con, in lontananza, il
Corno dei Tre Signori ai cui piedi, ce lo siamo detto, nasce il fiume
Noce. E tanti fiori lungo il sentiero... i rododendri e la clematide
alpina aggrappata alle rocce o tra i cespugli di ontano verde e di
ribes selvatico nell'ombra del lariceto.
Ma ora... che fare qui a Malga
Celentino? La nostra è una decisione quasi obbligata: dalla malga si
diparte anche lo stretto sentiero per la Val Pudria... non ci resta
che imboccarlo per un ennesimo ritorno in Val Pudria. Un
ritorno tutto sommato non sgradito che purtroppo però dobbiamo
iniziare ad affrontare con il sole già alto, un sole che ormai
picchia forte, che ha raggiunto anche il nostro versante, i ripidi
pendii che ci accingiamo a salire.
Un'ora di
cammino su di un sentiero tutto tornanti e alquanto erto tranne nella
sua ultima parte ed eccoci finalmente ai bordi della conca erbosa
della Val Pudria. Avanziamo e alla nostra sinistra si apre subito
un'ampia vista con, in primo piano, degli antichi larici allineati
sul dirupo e a sullo sfondo una catena di monti ancora innevati. Sono
le cime del gruppo montuoso dell'Ortles-Cevedale: il Vioz con Punta
Linke, il Taviela, Cadini, Giumela, san Matteo...
Proseguiamo...
attraversiamo un torrentello particolarmente ricco d'acqua e
percorriamo un verde pianoro punteggiato di giallo e di blu... Sono i
primaverili colori dell'erba tenera cosparsa di anemoni e di
genziane, fiori nati in ritardo, cresciuti in fretta e sbocciati solo
quando la neve caduta in abbondanza fino a poche settimane fa si è
squagliata al sole di giugno.
Ancora una
brevissima salita e la meta finale è tutta nostra: siamo sulla
piccolo altura rocciosa sulla quale si trova la baita di Val
Pudria. Finalmente... finalmente possiamo aprire il cancelletto
(mettendo in fuga alcune marmotte) del recinto che circonda
parte del bivacco, che attornia questa piccola, vecchia e rustica
costruzione, ristrutturata e arredata parecchi anni fa dai
cacciatori. Quattro posti letto su due letti a castello, e un locale
per riposare, intrattenersi, cucinare e mangiare... credenza,
caminetto, focolare, grande tavolo con panca e sedie. Un baito
spartano ma accogliente e soprattutto fresco. All'esterno tre tavoli
con panche e poco più in basso, al margine del pascolo, una fontana,
con acqua potabile, scavata in un tronco presso i resti di un'antica
malga e di una caverna scavata durante la grande guera.
Dopo una breve
pausa seduti sulle panche all'esterno dell'edificio e un più che
meritato spuntino, iniziamo la breve discesa verso il piccolo lago ai
piedi dell'altura. Di tanto in tanto ci fermiamo per ammirare le
soldanelle spuntate numerose dove la neve si è appena sciolta, i
nontiscordardime nell'erba più alta, le genziane tra le rade piante
di mirtillo e infine per ammirare, alquanto sorpresi, le
numerosissime api che volano da una infiorescenze di rododendro
all'altra.
Nel laghetto,
che costeggiamo, nuotano migliaia di minuscoli girini. Al nostro
passaggio fuggono e si si disperdono tra gli schizzi sollevati delle
rane che si tuffano e si inabissano nascondendosi sul fondo melmoso
di questa che si rivela essere solo una pozza d'acqua per niente
limpida.
Proseguiamo
percorrendo in lungo e in largo tutto il pascolo, un vasto territorio
ondulato che sicuramente, tra non molto, verrà monticato da vitelle
e manze in grande numero. Per il momento è tutto nostro, siamo soli,
indisturbati, e lo possiamo perlustrare con grande tranquillità alla
ricerca di angoli erbosi incontaminati, i più ricchi di fiori e di
profumi. Lo possiamo perlustrare a lungo alla ricerca dei punti di
osservazione più adatti per contemplare da differenti angolazioni il
paesaggio che ci attornia.
E' mezzogiorno.
Il sole picchia forte e fa molto caldo anche se ci troviamo a più di
2000 metri. Temperature alte, quasi all'improvviso, dopo lunghe
settimane molto fredde. Anomalie climatiche. Eventi meteorologici
contrapposti (che oserei definire estremi) che si succedono
con inusuale rapidità. Di questo discutiamo, io e il mio amico,
all'interno del bivacco, ben protetti dalla calura, mentre addentiamo
i panini e vuotiamo una lattina di birra piacevolmente fresca.
La pausa pranzo
non dura a lungo. Seduti all'esterno del baito, con i gomiti ben
puntati sul bordo della staccionata “sbinocoliamo” sulle rocciose
pendici che ci sovrastano alla ricerca di qualche camoscio ancora
attivo nonostante l'ora poco propizia. Ne osserviamo solo un
esemplare intento ad attraversare uno dei numerosi nevai che ancora
coprono rocce e ghiaioni. “Sbinocoliamo”... “Sbinocoliamo” a
lungo su quelle cime e ci prende un velo di malinconia al ricordo di
quando, molti anni fa, lassù, su quei ripidi pendii, salivamo ogni
estate per esplorare ogni canalone, ogni anfratto, ogni cresta... per
avvicinarci ai camosci, per osservarli da vicino... Ora quelle
salite, quegli erti percorsi verso la Val Comicciolo o la Bocchetta
di Saviana siamo costretti a guardarli da lontano... con il
binocolo... Che avvilimento. Meglio fare ritorno anche se è ancora
presto e fa molto caldo. Meglio scendere a valle prima di deprimerci
ulteriormente, prima che scemi anche quel piccolo-grande piacere che
il ritorno in Val Pudria ci ha comunque donato.
Guarda tutte le foto in “Google Foto”
1 commento:
Bellissime foto che ci invitano a non limitarci a fare solo alcuni passi sulla riva del lago Palù. Anche le didascalie aiutano a scoprire insieme questi posti paradisiaci. Un grande grazie. Giuliano
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